«Ci hanno tolto il Daspo o meglio ci hanno ridato un minimo del diritto che ci spetta. Questa è una piccola vittoria di tutti». Lo afferma Stefano Puzzer, leader della protesta no Green pass a Trieste, annunciando sulla sua pagina Facebook che il Tar del Lazio ha accolto il ricorso contro il foglio di via da Roma ricevuto lo scorso novembre
dopo aver allestito un banchetto in piazza del Popolo. «Questo - dice - è un primo passo perché questo non era il mio Daspo ma quello di tutti gli italiani. È una piccola vittoria di tutti, abbiamo recuperato un sassolino dei nostri diritti. Oggi è un granellino che bisogna mettersi in tasca per continuare a batterci per i nostri diritti». Puzzer spiega che ha ricevuto la notizia dal suo avvocato mentre era in macchina e ribadisce di non aver commesso alcunché d’illegale. «Per quello di Pordenone l’udienza mi sembra sia il 6 aprile. Sono felice? Direi: dopo tutto quello che mi hanno detto e come mi hanno dipinto: sembravo il più pericoloso terrorista di Italia», commenta poco dopo a LaPresse. «Non ho rivincite da prendere con nessuno - aggiunge Puzzer - sono solo contento che sia stata fatta giustizia fatta: non ho fatto nulla. Ringrazio la mia famiglia, gli amici e soprattutto l’avvocato Stefania Capellari». Il portuale triestino ha detto che «sto facendo quello che faccio dall’inizio: lotto per miei diritti». Sulle idee per eventuali, altre manifestazioni, Puzzer dice che «ce le ho, ma sono sorprese, perché siccome qualsiasi cosa dico viene presa come una manifestazione, non dico nulla, ma andrò a conquistare i miei diritti».
Il dispositivo
Il tribunale amministrativo regionale «Condanna il ministero dell’Interno al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente e le liquida nella misura di € 1.000,00 oltre accessori di legge», si legge nel dispositivo con cui il Tar del Lazio ha annullato il Daspo. Nel suo ricorso, Puzzer contestava il rimpatrio da parte del questore di Roma nel comune di Trieste, con divieto di tornare nella Capitale senza autorizzazione per un anno. Secondo il dispositivo - si legge - «l’Amministrazione non ha formalmente contestato tali risultanze, né ha indicato concrete e significative situazioni di pericolo derivanti dal comportamento del ricorrente, tali da poterne inferire un effettivo potenziale pericolo per la sicurezza pubblica, nelle circostanze di luogo e di tempo che costituiscono la motivazione sostanziale del provvedimento impugnato». Inoltre «né il provvedimento può legittimamente fondarsi sulle sole segnalazioni del ricorrente all’Autorità Giudiziaria - scrivono i giudici - ovvero sulla contestazione relativa all’organizzazione di una manifestazione non autorizzata, che - oltre a non essere state accertate in maniera definitiva - non possono da sole sorreggere la misura, in assenza di ulteriori e concreti elementi di fatto che fungano da indispensabili criteri di collegamento spazio-temporale tra le esigenze di prevenzione ed uno specifico territorio (...), con riferimento ad un delimitato periodo temporale di un anno». In assenza di tali elementi «anche la durata della misura risulta sprovvista di una valida giustificazione causale, non risultando ancorata ad una oggettiva e percepibile esigenza di prevenzione della sicurezza urbana, e risultando pertanto insuscettibile di una reale valutazione in termini di congruità e proporzionalità della limitazione della libertà di circolazione sul territorio nazionale». «Infine deve ritenersi poco pertinente anche la motivazione relativa all’esigenza di dislocare un massiccio presidio di sicurezza, che avrebbe distratto le forze di Polizia da altri obiettivi sensibili, in quanto tale affermazione non è risultata confermata dalla documentazione probatoria versata in atti, né appare di per sé idonea a dimostrare un effettivo torbamento della sicurezza pubblica, in assenza di documentati disordini». Alla luce di tali considerazioni, il ricorso di Puzzer è stato accolto con annullamento del provvedimento impugnato.