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«Impegneremo il governo affinché trovi un correttivo all’equiparazione tra corrotti e mafiosi in materia di sequestri preventivi». Walter Verini, capogruppo pd nella commissione Giustizia di Montecitorio, ribadisce nel primo pomeriggio di ieri le notizie in circolo già dal giorno prima: il Codice antimafia passerà così com’è, sarà approvato in via definitiva dalla Camera al più tardi per inizio ottobre; poi il ministro della Giustizia Andrea Orlando definirà una norma correttiva che cancelli subito la parte più contestata della riforma, l’applicazione dei sequestri oggi previsti solo per gli indiziati di mafia anche a chi è indagato per reati di corruzione. A vincolare l’esecutivo sarà appunto un ordine del giorno messo ai voti già la settimana prossima dai dem.
Tutto bene, dunque? Non proprio. È già in preparazione il fuoco di fila dei cinquestelle. «Il Movimento darà battaglia», annuncia Giulia Sarti, la giovane deputata che ha seguito fin dal 2013, per i pentastellati, le modifiche al Codice antimafia. «Chiederemo di eliminare il riferimento al vincolo associativo come condizione per l’applicabilità delle misure di prevenzione anche ai reati contro la Pa: la modifica introdotta al Senato, infatti, limita il ricorso a tali misure solo in presenza di associazioni a delinquere finalizzate alla corruzione». Sarebbe casomai questa, dichiara Sarti, «l’unica modifica seria, il resto del provvedimento non va affatto cancellato». Figurarsi cosa accadrà quando già lunedì Verini o il responsabile Giustizia dem David Ermini chiederanno di votare un ordi- ne del giorno per eliminare del tutto i sequestri agli indiziati di corruzione. Da parte dei cinquestelle si scatenerà una contraerea micidiale: il provvedimento correttivo diventerà la legge salva- ladri.
Secondo il Pd non c’è scelta. «Impossibile correggere ora, a Montecitorio, l’articolo 1 che equipara i corrotti ai mafiosi» perché, dice Verini, «farlo imporrebbe un ulteriore passaggio in Senato dove il testo finirebbe su un binaro morto». E la riforma di cui è relatore un altro deputato dem, Davide Mattiello, è considerata urgentissima innanzitutto dal governo. Nel corso della seduta pomeridiana di ieri in commissione Giustizia sono stati discussi e bocciati tutti i 51 emendamenti ammessi il giorno prima. E - circostanza non ca- suale - al dibattito svoltosi sotto la presidenza di Donatella Ferranti hanno partecipato personalmente lo stesso guardasigilli Orlando e il sottosegretario alla Giustizia Gennaro Migliore. Da loro sono arrivate ripetute rassicurazioni sul fatto che i nuovi meccanismi introdotti con la legge restituiranno funzionalità al sistema delle confische. Il rafforzamento dell’Agenzia nazionale che gestisce l’acquisizione dei patrimoni mafiosi è considerato «indispensabile» da via Arenula. E che l’intero governo tenga molto al definitivo via libera sul provvedimento è chiaro. Anche al ministero dell’Interno, che ha visto impegnato nella stesura delle norme, insieme con Orlando, il viceministro Filippo Bubbico, sono convinti di una cosa: va riorganizzata tutta la macchina che gestisce la fase successiva all’assegnazione dei beni alle associazioni antimafia. «Un meccanismo oggi affidato ai Comuni, che però non sono in grado di controllare l’effettiva valorizzazione del patrimonio», spiegano dal Viminale. Senza una stretta, l’intero settore delle confische ai mafiosi rischia il clamoroso tracollo.
Le associazioni più accreditate, Libera in testa, diffondono un comunicato congiunto in cui definiscono l’approvazione delle nuove misure «un atto politico di responsabilità». Il relatore Mattiello evita di sbilanciarsi sull’annunciata correzione delle norme che estendono i sequestri preventivi anche ai presunti corrotti ( oltre che agli indiziati di terrorismo e stalking), ma dice: «È da 4 anni che lavoriamo su questa legge: quando lunedì prenderò la parola nell’aula di Montecitorio, la difenderò dal primo all’ultimo comma». Compreso l’articolo 1, dunque, quello che mette concussi e mafiosi sullo stesso piano. «Se su quel punto si confermassero le criticità di cui si è parlato in commissione, ce ne faremo carico», aggiunge.
Le criticità sono i rilievi di chi fa notare come estendere i sequestri preventivi ai corrotti rischi di innescare una censura da parte della Corte europea anche sull’applicazione nei confronti dei presunti boss. Il presidente Raffaele Cantone aveva messo i suoi rilievi nero su bianco in una relazione trasmessa a Orlando. Costituzionalisti del calibro di Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Consulta, hanno avanzato critiche in diverse interviste quando, a inizio luglio, è iniziata la discussione in Senato sul ddl. Ma resta quella “minaccia” dei cinquestelle. Che rischia di far saltare la road map. O di costringere il Pd a fronteggiare, a pochi mesi dal voto, la paradossale accusa di voler salvare i corrotti.