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Nuovo colpo di scena nell’inchiesta relativa al depistaggio sulla strage di via D’Amelio: a distanza di 27 anni la Procura di Messina iscrive nel registro degli indagati, con l’accusa di calunnia aggravata, due magistrati che in passato sono stati in servizio presso la Procura di Caltanissetta.
Si tratta di Annamaria Palma, ora avvocato generale a Palermo, e Carmelo Petralia, che adesso ricopre l’incarico di procuratore aggiunto a Catania. Entrambi si occuparono della prima inchiesta sulla bomba del 19 luglio 1992 in cui persero la vita Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta: Palma e Petralia raccolsero le dichiarazioni del falso pentito Vincenzo Scarantino.
Ieri pomeriggio ai due ex pm dell’ufficio nisseno è stato notificato un avviso per un “accertamento tecnico irripetibile”, che si terrà mercoledì della prossima settimana, il 19 giugno, al Racis dei carabinieri a Roma. In particolare, si dovrà verificare se su alcune audiocassette con gli interrogatori di Scarantino, ritrovate di recente dalla Procura di Caltanissetta, ci siano impronte o altre tracce utili.
I supporti magnetici, si tratterebbe di 19 nastri formato “mini”, contengono registrazioni prodotte con vecchie strumentazioni dell’epoca: il loro riascolto comporterà la distruzione degli originali, e per questo è necessario mettere gli indagati in condizione di partecipare alla verifica. La Procura di Messina conduce le indagini, coordinate direttamente dal capo dell’ufficio Maurizio de Lucia, in quanto competente su presunti reati attribuibili a magistrati in servizio a Caltanissetta.
Oltre a Palma e Petralia, lavorarono sulla strage di via D’Amelio anche l’attuale sostituto procuratore Antimafia Nino Di Matteo e lo scomparso Giovanni Tinebra. L’avviso di accertamento notificato a Palma e Pertralia è stato trasmesso anche alle parti offese Gaetano Murana, Giuseppe La Mattina e Cosimo Vernengo, ingiustamente accusati nei primi processi. Da oltre venti anni, l’avvocato Rosalba Di Gregorio, che li difende insieme con colleghi come Giuseppe Scozzola, non ha mai smesso di denunciare i «buchi neri» delle indagini sulla strage, al Csm e al ministero della Giustizia.