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Una sempre maggiore presenza del personale negli uffici. La circolare di giovedì del Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria è chiara: nel mentre via Arenula proroga i progetti di lavoro agile al 15 settembre (e dunque fissando la scadenza un mese prima della fine dello stato d’emergenza), l’intero sistema gestionale delle risorse umane della Giustizia deve tornare «alla normalità, con il tempestivo recepimento di quelle (non poche) misure che hanno dato buona prova di se in termini di efficacia ed efficienza durante il periodo più duro del lockdown». Una circolare sulla quale ieri Cgil, Cisl e Uil, che hanno preso parte alla riunione con il Dog, hanno espresso non poche perplessità, definendo «insufficienti i contenuti», sia per la mancata previsione della partecipazione sindacale nell’attuazione delle disposizioni in materia di lavoro agile, sia per l’assenza della individuazione delle attività che possono essere svolte da remoto. Le tre sigle sindacali hanno in particolare denunciato che «anche in conseguenza delle menzionate carenze nelle circolari sinora prodotte, gli uffici stanno disapplicando del tutto lo smart working». La colpa, dunque, sarebbe del ministero. I lavori del tavolo sulla «disciplina in regime di auspicabile normalità- dicono i sindacati - dello smart working» sono stati aggiornati all’11 settembre. Stando alla circolare del ministero della Giustizia, «l’intera “operatività” di tutti gli uffici pubblici» dovrà adattarsi «alle esigenze dei cittadini e delle imprese», in conseguenza alla ripartenza. Bisognerà tornare in ufficio il più possibile, con orari flessibili, accessi pianificati, con la possibilità di applicare una «versione “semplificata”», del lavoro agile, «nella più limitata quota della metà del solo personale impiegato in quelle attività concretamente suscettibili di essere svolte al di fuori della sede di lavoro». Basti pensare, afferma il ministero, che non si può pensare di rendere “smart” il lavoro di assistenza all’udienza celebrata in aula o il mantenimento dell’ordine all’interno degli istituti di prevenzione e di pena. Il lavoro agile, dunque, risulta «ampiamente rivisitato nei presupposti e nel perimetro applicativo», anche e soprattutto in virtù di un rischio di contagio da Covid-19 «allo stato limitato». La circolare mira a regolamentare il lavoro in pieno periodo feriale, a partire dal 3 agosto, periodo che vedrà la maggior parte del personale assente e, contemporaneamente, un grosso arretrato da smaltire. Ed è dunque necessario fare delle «scelte», per assicurare «l’apertura degli uffici e l’erogazione del servizio al pubblico». Il lavoro agile va assicurato, «previa positiva valutazione, rimessa ai responsabili di ciascuna articolazione», pur garantendo la presenza di personale in sede. E ciò imporrà, dunque, un bilanciamento tra giorni di lavoro in ufficio e giorni da remoto. Il modello suggerito dal ministero è quello di un giorno in smart working su cinque, fatta eccezione per le categorie protette. E sarà ogni amministrazione a decidere i criteri di selezione delle competenze professionali per le quali sia ipotizzabile un rendimento ottimale con il lavoro da casa, «procedendo poi alla mappatura di tutti i processi di lavoro». Lo scopo di via Arenula è comunque quello di non perdere «l’esperienza di lavoro agile maturata durante la fase emergenziale, per molti versi assolutamente positiva». Ma in sindacati, con i quali ieri il ministero ha affrontato un primo esame della bozza di articolato sullo smart working, non sono usciti soddisfatti dall’incontro. «Abbiamo posto con urgenza la necessità del pieno recepimento del Protocollo Quadro firmato dal sindacato confederale e dalla quasi totalità delle altre sigle il 24 giugno scorso con il ministro della Funzione pubblica Dadone in tema di prevenzione e sicurezza dei dipendenti sui luoghi di lavoro», si legge nel documento unitario elaborato al termine dell’incontro. Il protocollo prevede orari di lavoro e di apertura al pubblico più flessibili, modalità di interlocuzione programmata con l’utenza, anche attraverso soluzioni digitali per evitare assembramenti e misure di controllo per garantire il distanziamento. Misure che i sindacati hanno chiesto di applicare in tutte le articolazioni del ministero della Giustizia.