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Avvocato Vermiglio, il vostro congresso è stato un successo soprattutto in termini di partecipazione e per la qualità delle proposte.
Certamente. Aiga conta ormai 12.000 iscritti e oltre 1.000 erano i delegati presenti a Foggia.
I giovani avvocati hanno voglia di farsi sentire?
Prima accennavo al fatto che è necessario rivedere il corso di laurea in giurisprudenza. Ma vorrei aggiungere che l’esigenza primaria è quella di rivedere l’accesso alla professione forense. Ed è ovvio che questo sia un tema particolarmente sentito dai più giovani.
Andiamo con ordine. Iniziamo dal corso di laurea. Quali cambiamenti sono necessari?
La laurea in giurisprudenza è troppo incentrata sullo studio delle materie umanistiche. Bisogna inserire materie che abbiano un legame forte con l’attualità. Penso ad esempio a tutto ciò che concerne le nuove tecnologie o a quello che riguarda il tema dell’agro- alimentare, un settore in questi anni in grandissimo sviluppo.
E per l’accesso alla professione?
Io credo sia necessario rivedere il punteggio che fornisce il titolo di avvocato.
Può spiegarci meglio?
Attualmente il titolo di avvocato fornisce un punteggio incrementale per chi vuole partecipare ad un concorso pubblico. La conseguenza è che molti diventano avvocati avendo però in mente di fare altro. Sono disinteressati alla professione. Ad esempio ho visto recentemente un bando di concorso per fare il comandante dei vigili urbani. Essere già avvocati comportava un aumento del punteggio. Ecco, io non penso che per fare il comandante dei vigili sia necessario essere anche un avvocato.
Molti vedono dunque l’iscrizione all’ordine come un “parcheggio” in attesa di fare altro?
Sì. Se oggi in Italia ci sono tanti avvocati ciò è dovuto a quanto è successo nel periodo dal 1990 al 2004 circa. In 15 anni si sono iscritti ai vari ordini circa 150.000 avvocati. Un numero elevatissimo che ha “drogato” il mercato che non è stato in grado di assorbirli.
Perchè molti avevano in mente di fare altro....
Esatto. In quegli anni è iniziato il blocco dei concorsi pubblici. E la conseguenza è stata che molti hanno visto l’avvocatura come un ' ripiego'.
La specializzazione può aiutare nella ricerca di nuovi clienti?
Il giovane avvocato all’inizio della sua carriera deve saper far tutto. La specializzazione, in un momento quindi successivo, va intesa come un quid pluris per potersi spendere con una determinata clientela. Ovviamente sempre tenendo ben presente la funzione sociale dell’avvocato.
Come giudica l’equo compenso?
Sono favorevole. E’ un concetto valido che stabilisce un limite al di sotto del quale si mette a rischio la dignità della professione.
La legislatura che sta per concludersi è stata caratterizza dal tema delle riforme. Per quanto attiene il settore giustizia, alcune non sono state però apprezzate dall’avvocatura. Penso ad esempio al ddl penale. Qual è la sua opinione?
Premesso che molte riforme erano indispensabili, penso ad esempio a tutto ciò che ha riguardato il processo civile telematico, il governo ha però commesso un errore. Era necessario su questi temi una maggiore condivisione. Proprio perché si trattava di riforme di settore. Invece questa condivisione è avvenuta non a monte ma a valle, cioè a cose fatte. Ma questo, la condivisione intendo, vale anche per la magistratura che è l’altra faccia della medaglia della giurisdizione.
Rimanendo in tema di ddl penale, le Camere penali hanno indetto numerose giornate di astensione dalle udienze per contrastarlo. Ma il governo è andato avanti lo stesso.
L’astensione, anche se non ha impedito l’approvazione del ddl, ha rappresentato un momento molto importante perché ha permesso comunque di far conoscere il dissenso dell’avvocatura su questi aspetti.