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Ventuno suicidi in cinque mesi. È il bollettino che viene dalle carceri e reso noto dal Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma, che sul sito dell'Autorità ha aggiornato i dati relativi alla detenzione. Sono 52.622 le persone attualmente in carcere, mentre le detenzioni domiciliari concesse dal 18 marzo sono 3555, di cui 1005 con braccialetto elettronico. In merito ai suicidi, il numero è superiore a quello degli ultimi due anni (alla stessa data di oggi erano 16 nel 2019 e 18 nel 2018). «Quello che colpisce è che in ben due degli ultimi tre casi si è trattato di persone che avevano appena fatto ingresso in Istituto e, conseguentemente, erano state collocate in isolamento sanitario precauzionale - sottolinea Palma -. Questa drammatica questione induce a una riflessione su come possa essere vissuto tale periodo in persone in cui alla frequente precarietà di vita all’esterno dell’Istituzione detentiva si sono improvvisamente aggiunte l’intrinseca vulnerabilità connessa alla privazione della libertà e quella dovuta a una collocazione isolata sin dal primo traumatico momento». Nonostante la consapevolezza della necessità di precauzioni, nel periodo attuale, per la tutela della salute della collettività e, in particolare, di coloro che operano o vivono all’interno della struttura dove la persona deve essere inserita, la stessa «nulla toglie, però, alla necessità che vulnerabilità aggiuntive specifiche, quale quella descritta, debbano essere affrontate con strumenti anch’essi di eccezione – come è eccezionale la situazione che li sta determinando. Per questo chiede che si vada oltre l’attuazione di quel "protocollo anti suicidario" predisposto in situazioni di normalità e che si preveda un aggiuntivo supporto psicologico specifico nei confronti di queste persone, pur con tutte le cautele di caso volte a tutelare la salute di chi è chiamato a operarvi». Nell’attesa di valutare con le Autorità competenti quale proposta possa essere messa in campo per affrontare questo specifico problema – in considerazione anche della dimensione numerica che esso potrebbe assumere qualora aumentassero gli ingressi in carcere – il Garante vuole porre alla considerazione la possibilità di predisporre, almeno temporaneamente, un’équipe di supporto, agendo con una logica analoga a quella che ha portato a fornire gli Istituti di un insieme di operatori socio-sanitari, reclutati con apposito urgente bando. Sul tema del diritto all’istruzione in carcere, il Garante ha ribadito la necessità che l’attività di studio, dopo la brusca interruzione dello scorso marzo, sia ripresa e portata avanti negli Istituti penitenziari con le modalità a distanza previste attualmente per tutti, in modo da consentire almeno la chiusura dell’anno scolastico. Se alcune scuole nelle carceri hanno già assicurato la prosecuzione dei corsi con la didattica a distanza (Dad), tuttavia, questa modalità è rimasta relegata a poche esperienze. Secondo un sondaggio effettuato da alcuni docenti delle scuole in carcere, solo il 20% degli Istituti ha assicurato agli studenti detenuti una qualche possibilità di non interrompere del tutto l’anno scolastico, talvolta con formule che difficilmente possono essere considerate sufficienti (una videochiamata a settimana per classe con un rappresentante della classe stessa o due ore di lezione una volta alla settimana). Tuttavia, In questo ambito, si segnala la positività dell’iniziativa del ministero dell’Istruzione e della Rai, con l’apertura di una nuova “aula” per studenti iscritti ai Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (Cpia) con il programma “La scuola in Tivù – Istruzione degli adulti”, un percorso didattico in 30 puntate rivolto ai quasi 230 mila adulti iscritti a scuola, tra i quali ci sono i 23mila studenti in carcere. La trasmissione andrà in onda su Rai Scuola (canale 146) dal lunedì al venerdì alle ore 11 e in replica alle 16 e alle 21.