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Salgono le morti in carcere e aumentano i tentativi di suicidi sventati grazie alla professionalità degli agenti penitenziari. A volte anche in contemporanea come è accaduto due giorni fa al carcere sardo di Uta, quando un detenuto e una detenuta, stavano cercando di impiccarsi. «A un giorno di distanza dalla visita effettuata in Istituto da una delegazione della Uil - ha spiegato il segretario generale della Sardegna della Uilpa Polizia Penitenziaria Michele Cireddu - altri episodi vanno a sommarsi a un numero di tentativi di suicidio impressionante che non ha paragoni nemmeno a livello nazionale». Ha raccontato che la poliziotta «stoicamente è riuscita a liberare dal cappio la detenuta e l'ha adagiata in posizione di sicurezza, nelle fasi concitate la stessa poliziotta ha avuto una conseguenza fisica tanto da dover ricorrere successivamente alle cure del medico con una prognosi di diversi giorni. La detenuta è stata quindi trasportata in ambulanza in un ospedale esterno per le cure appropriate».
Ma dopo pochiminuti un episodio analogo è avvenuto nella sezione maschile dove «anche in questo caso la prontezza dell'agente è stata provvidenziale per salvare la vita al detenuto che aveva cercato di suicidarsi». Ha concluso il segretario Cireddu: «Sono due ulteriori episodi che denotano intanto la grande capacità operativa della Polizia Penitenziaria ma che fanno suonare un preoccupante campanello d'allarme che sembra interessare davvero pochi».
Ma se aumentano i tentativi di suicidi, sono in crescendo anche quelli riusciti. Siamo giunti – secondo l’osservatorio di Ristretti Orizzonti - a 29 suicidi dall’inizio dell’anno. Un numero che segna un vero e proprio dramma del sistema penitenziario del nostro paese. Gli ultimi tre detenuti ad uccidersi sono stati un italiano di 37 anni nel carcere di Reggio Calabria, un polacco di 32 anni nel carcere di La Spezia e un italiano di 42 anni in quello di Lecce. Per quanto riguarda l’istituto penitenziario di Reggio Calabria, l'Osservatorio di Antigone sulle condizioni di detenzione aveva trovato una situazione complicata, in particolare riferimento al sostegno psicologico che, dei penitenziari visitati nel 2018, era risultato tra quelli più carenti. Erano state rilevate infatti solo 2,1 ore di presenza degli psicologi per 100 detenuti a fronte di una media nazionale di 13,5. Anche il personale di polizia penitenziaria era risultato molto carente. Mentre la media nazionale da Antigone rilevata era di 1,8 detenuti per ogni agente nel carcere di Reggio Calabria Arghillà erano 3,8.
«Prevenire i suicidi non è mai semplice», ha sottolineato il presidente di Antigone Patrizio Gonnella. «Non si può pensare di sottoporre a stringente sorveglianza tutti gli oltre 60.000 detenuti al momento presenti nelle galere italiane. Bisogna dunque intervenire sul miglioramento della qualità della vita e su tutti quegli aspetti che possono far desistere da pensieri suicidari. Per questo - ricorda Gonnella - abbiamo predisposto una proposta di legge con tre obiettivi precisi».
Il presidente di Antigone li ha elencati: «Il primo è quello di aumentare il numero delle telefonate a disposizione dei reclusi. 10 minuti a settimana forse erano sufficienti nel 1975, quando fu scritta la riforma dell'ordinamento penitenziario, ma non possono esserlo di certo oggi. Telefonare ad un proprio famigliare in un momento di sconforto può essere un aiuto importante per prevenire istinti suicidi. Il secondo punto è quello di garantire dei rapporti intimi tra il detenuto e il suo partner. Il terzo, infine, quello di ridurre al minimo l'istituto dell'isolamento. Spesso è proprio in queste sezioni che avvengono i suicidi». Gonella quindi ha concluso: «La proposta è a disposizione dei parlamentari e ci auguriamo - conclude Gonnella - che qualcuno voglia farla propria, promuovendo così una discussione seria in Parlamento su questi temi».