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«Mi ribello ad una giustizia che calpesta la verità. È come vivere in un mondo capovolto, dove chi ha operato per il bene di Taranto viene condannato senza l’ombra di una prova. Una mostruosità giuridica avallata da una giuria popolare colpisce noi, quelli che dai Riva non hanno preso mai un soldo, che hanno scoperchiato la fabbrica, che hanno imposto leggi all’avanguardia contro i veleni industriali. Appelleremo questa sentenza, anche perché essa rappresenta l’ennesima prova di una giustizia profondamente malata». Comincia così lo sfogo di Nichi Vendola dopo la sentenza del processo "Ambiente svenduto" che lo ha condannato a 3 anni e mezzo di reclusione per concussione aggravata in relazione ai presunti tentativi di ammorbidire i controlli sui livelli di inquinamento ambientale che sarebbe stato provocato dallo stabilimento siderurgico ex Ilva. «Sappiano i giudici che hanno commesso un grave delitto contro la verità e contro la storia», prosegue Vendola. «Hanno umiliato persone che hanno dedicato l’intera vita a battersi per la giustizia e la legalità. Hanno offerto a Taranto non dei colpevoli ma degli agnelli sacrificali: noi non fummo i complici dell’Ilva, fummo coloro che ruppero un lungo silenzio e una diffusa complicità con quella azienda. Ho taciuto per quasi 10 anni difendendomi solo nelle aule di giustizia, ora non starò più zitto. Questa condanna per me e per uno scienziato come Assennato è una vergogna. Io combatterò contro questa carneficina del diritto e della verità», conclude l’ex governatore pugliese.