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Torna sul punto che aveva già toccato con una sorprendente apertura, Giuseppe Pignatone: il ruolo degli avvocati nei Consigli giudiziari. Il presidente del Tribunale vaticano ed ex procuratore di Roma ribadisce, in un articolo firmato ieri su Repubblica, che «la partecipazione con diritto di voto dei rappresentanti dei Consigli dell’Ordine» alle «valutazioni di professionalità dei magistrati» è un «punto qualificante» della riforma del Csm. Definisce positiva la norma proposta da Cartabia e si dice «convinto che il voto degli avvocati possa portare punti di vista ed esperienze diverse, e aiutare a esprimere valutazioni più aderenti al livello di professionalità e maturità raggiunto dal soggetto esaminato».
È una posizione forte. Non isolata, ma eterodossa dal punto di vista “sindacale”. La linea ufficiale dell’Anm – il “sindacato” dei giudici, appunto – è contraria al pieno coinvolgimento dell’avvocatura nelle “promozioni” delle toghe. Lo ha ribadito Giuseppe Santalucia, che dell’Anm è il presidente, in un’intervista al Dubbio di pochi giorni fa. Persino la soluzione adottata, che prevede una deliberazione collegiale del Coa tradotta in voto dal rappresentante del Foro nel “mini- Csm” «potrebbe addirittura rendere più conflittuale il rapporto tra avvocati e magistrati, invece che agevolarlo», dice Santalucia. C’è insomma una magistratura associata scettica e una magistratura illuminata, un’élite assolutamente favorevole all’apertura. È una dicotomia che può diventare un ostacolo ma anche un’opportunità. A breve ci si potrebbe trovare davanti a un dibattito in cui una parte culturalmente più avanzata dell’ordine giudiziario accetta di costruire con le rappresentanze forensi il percorso che dovrebbe portare al riconoscimento costituzionale dell’avvocato. È l’alleanza tra i due protagonisti della giurisdizione a cui ha guardato, per esempio, Andrea Mascherin quando, da presidente del Cnf, ha avviato la battaglia politica per l’avvocato in Costituzione.
Avanguardia culturale contro resistenze “sindacali”: la dialettica può riservare sorprese. E offrire all’avvocatura l’opportunità di confermarsi promotrice di una nuova giustizia, come già si è visto con la proposta sul Recovery presentata al governo a fine 2020 sempre dal Cnf. Pignatone è uno dei principali alleati che il Foro può incontrare lungo questa strada. E all’ex capo dei pm capitolini non si può che riconoscere il coraggio di allontanarsi dal paradigma conservativo di gran parte dell’associazionismo giudiziario.
D’altra parte, aprirsi al dialogo e a un “binomio strategico” con gli avvocati è una di quelle opzioni che potrebbero davvero aiutare la magistratura a rinnovare innanzitutto se stessa.