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Berlusconi
È ancora il tempo delle ombre, sulla magistratura. In piena burrasca per il caso Palamara e investite dal sospetto di un “sistema” fatto di nomine pilotate e scambi di favori, le toghe sono finite al centro di una nuova tempesta: la notizia arriva dal passato, quando sette anni fa la Cassazione confermò la condanna all’allora leader del centrodestra Silvio Berlusconi nel processo Mediaset, determinandone l’espulsione dal Parlamento per effetto della legge Severino. Una condanna, quella, su cui oggi scende il velo della possibile sentenza politica. In una registrazione audio pubblicata da “Il Riformista” e da “Quarta Repubblica”, infatti, su sente il magistrato Amedeo Franco, relatore in Cassazione nel processo Mediaset e morto nel 2019, definirlo «un plotone di esecuzione». E ancora: «Berlusconi deve essere condannato a priori perché è un mascalzone! Questa è la realtà... A mio parere è stato trattato ingiustamente e ha subito una grave ingiustizia... L'impressione è che tutta questa vicenda sia stata guidata dall'alto», dice la toga in un colloquio dopo la sentenza, avvenuto in presenza dello stesso Berlusconi e di altri interlocutori, uno dei quali ha registrato tutto all’insaputa del giudice e solo ora ha reso pubblico l’incontro. «In effetti hanno fatto una porcheria perché che senso ha mandarla alla sezione feriale? Voglio dirlo per sgravarmi la coscienza, perché mi porto questo peso del... ci continuo a pensare. Non mi libero... Io gli stavo dicendo che la sentenza faceva schifo», poi l’ammissione: «Sussiste una malafede del presidente del Collegio, sicuramente». Secondo Franco, infatti, il magistrato Antonio Esposito (presidente della sezione feriale della Cassazione che emise la sentenza di condanna del 2013) avrebbe subito pressioni perchè il figlio, anche lui magistrato, era indagato dalla Procura di Milano «per essere stato beccato con droga a casa di...». Dunque, la conclusione del colloquio è che «si poteva cercare di evitare che andasse a finire in mano a questo plotone di esecuzione, come è capitato, perché di peggio non poteva capitare». La smentita da parte del giudice Esposito è arrivata immediatamente: «Non ho in in alcun modo subito pressioni né dall'alto né da qualsiasi altra direzione», ha detto la toga, definendo le notizie «Gravissime e diffamatorie insinuazioni» e anticipando che «verranno adite tutte le competenti Autorità nei termini di legge». Eppure, l’ammissione per bocca dello stesso giudice relatore e addirittura l’ipotesi di pressioni per condannare Berlusconi sono state la bomba che ieri ha fatto detonare Forza Italia. I deputati e senatori forzisti si sono schierati davanti al Senato da cui il Cavaliere era stato espulso, esponendo un cartello con la scritta “Verità per Berlusconi”. Lo stesso hanno fatto poi in aula a Montecitorio, con due cartelli con scritto “Verità per Berlusconi” e “Giustizia per Berlusconi”, facendo sospendere brevemente la seduta. Gli interventi in conferenza stampa sono stati durissimi, dalla richiesta di «una commissione d’inchiesta sul caso Berlusconi e sull’uso politico della giustizia in questi ultimi 25 anni. Non si tratta di nostalgia ma di guardare al futuro della giustizia» da parte di Maria Stella Gelmini, fino all’attuale braccio destro di Berlusconi, Lucia Ronzulli, che ha tuonato: «Deve essere risarcito politicamente, attraverso la nomina a senatore a vita, visto che attraverso questa sentenza taroccata è stato estromesso dal Senato». Solidarietà all’ex premier è arrivata da tutto il centrodestra, con Giorgia Meloni che ha parlato di «ennesima prova che in Italia esiste un pezzo di magistratura che fa politica» e il leader della Lega, Matteo Salvini, che ha richiamato anche la sua attuale situazione: «Dopo le intercettazioni di Palamara contro il sottoscritto, spunta un altro audio di un magistrato che ammette l’uso politico della giustizia: solidarietà a Silvio Berlusconi per il processo farsa di cui è stato vittima. È l’ennesimo episodio che ci ricorda la necessità di una riforma profonda». Se dem e grillini rimangono in silenzio, a prendere la parola è invece Matteo Renzi: «Un Paese serio su una vicenda del genere - legata a un ex presidente del Consiglio - non può far finta di nulla», inoltre, «per me Berlusconi è un avversario politico. Ma, proprio per questo, è doveroso fare chiarezza su ciò che esce dagli audio».Si aggiunge tensione a tensione, dunque, sul fronte caldo della giustizia e potrebbe finirne influenzata la riforma stessa del Csm. Forza Italia, proprio alla luce di queste nuove rivelazioni, si è immediatamente espressa per «la separazione delle carriere» e ha chiamato in causa anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, quale presidente del Csm. All’idea, da sempre crociata delle Camere Penali e dei Radicali, è storicamente favorevole anche una buona fetta proprio di Italia Viva. L’incognita, ora, sarà stabilire se ma soprattutto come questo ennesimo colpo alla credibilità della magistratura influenzerà la stesura del disegno di legge delega. E se prima di oggi la politica era decisa a procedere con calma, ora anche lei è tornata parte in causa, anzi pate lesa.