Era trattenuto illegalmente nel carcere di Regina Coeli in attesa di essere accolto presso una residenza per l’esecuzione della misura di sicurezza (Rems). Il suo avvocato Sonia Santopietro del foro di Roma ha fatto
ricorso alla Corte Europea di Strasburgo. Il governo italiano ha ammesso le violazioni contestate riconoscendo un risarcimento di 35mila euro e il 10 novembre scorso la Cedu ha concluso il caso per l’accordo raggiunto tra le parti. Parliamo di un ulteriore riconoscimento di un problema da parte del nostro Paese che però ancora non trova una soluzione per le centinaia di persone trattenute in carcere, in attesa che si liberi un posto presso le Rems di competenza.
A Regina Coeli per oltre un anno in attesa della Rems
Ripercorriamo la vicenda. Nel 2020, come riportato a suo tempo da
Il Dubbio, da più di un anno,
Preuschoff, un ragazzo tedesco che all’epoca aveva 31 anni, era di fatto trattenuto nel carcere romano di Regina Coeli nonostante la magistratura di sorveglianza gli avesse disposto una misura di sicurezza presso la Rems. Era un senza fissa dimora, tratto in arresto a maggio del 2019 per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni giudicate guaribili in un giorno. Viene dichiarato incapace di intendere e di volere, ma in quanto ritenuto pericoloso a causa delle sue patologie psichiatriche, gli viene applicata, appunto, la misura di sicurezza provvisoria. Per capire ancora meglio la vicenda, bisogna partire dall’inizio. Quando il giovane tedesco ha commesso quei fatti di resistenza a pubblico ufficiale, sul luogo e nell’immediatezza dell’evento, i medici del 118 richiesti dagli operanti – considerando che alternava momenti di calma a momenti di evidente agitazione – non hanno ritenuto di dover disporre alcuna misura sanitaria e così è stato accompagnato in commissariato. Di nuovo è stato richiesto l’intervento del 118 che, dopo aver rivisitato il ragazzo, non ha disposto alcuna misura sanitaria nei suoi confronti. In stato di arresto viene tradotto in carcere a disposizione dell’autorità giudiziaria. Il giorno successivo in udienza, convalidato l’arresto, gli viene applicata la misura della
custodia cautelare in carcere e tradotto a Regina Coeli. Ad agosto 2019, all’esito del giudizio, viene dichiarato con sentenza del Tribunale di Roma incapace di intendere e di volere al momento del fatto e, in quanto ritenuto socialmente pericoloso, gli viene applicata, in via provvisoria, la misura di sicurezza della Rems per la durata di due anni. Senza soluzione di continuità, il Tribunale dispone, in attesa dell’individuazione di una Rems disponibile, la sua traduzione al carcere di Regina Coeli.
A giugno 2020 fu rigettata l’istanza per richiedere una valutazione del caso
L’istanza «Il ragazzo –
aveva spiegato a Il Dubbio l’
avvocata Sonia Santopietro – è affetto da una grave psicosi per la quale il carcere non rappresenta un luogo adeguato ove possa ricevere le cure necessarie. Seguito anche dal dipartimento di salute mentale, alterna alti e bassi e anche la sua “collocazione” inframuraria viene determinata dall’andamento della patologia: “repartino”, sorveglianza a vista e non è mancato un ricovero presso il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura a causa di un episodio di acuzie e a seguito del quale viene riportato in carcere». Nel frattempo si fa istanza per chiedere una valutazione della pericolosità sociale, ma soprattutto per la revoca della misura di sicurezza detentiva essendo inadeguata la struttura carceraria. Arriviamo
a giugno 2020 e il magistrato di sorveglianza ritiene attuale la pericolosità sociale del ragazzo. Ma sempre nell’ordinanza scrive: «Risulta che è in lista di attesa per l’individuazione della Rems dallo scorso agosto, tempo francamente lungo e assolutamente non adeguato alla gravità del disturbo che necessita di urgente trattamento psichiatrico». Ma non solo. Ricordiamo che il ragazzo non ha nessun legame nel nostro Paese, i familiari infatti vivono in Germania. Quindi non deve essere per forza ospitato in una struttura della regione Lazio, ma anche nel nord dove i familiari lo potrebbero raggiungere più facilmente.
A settembre 2020 viene presentato il ricorso alla Cedu
Ma nulla. A quel punto, a settembre del 2020, l’avvocata Santopietro trasmette un ricorso alla Corte Europea dei diritti umani chiedendo l'applicazione di una misura provvisoria ai sensi dell'art. 39 del Regolamento Cedu e assumendo violati una serie di diritti (art. 2 Cedu diritto alla vita, art. 3 Cedu divieto dei trattamenti inumani e degradanti, art. 5 Cedu diritto alla libertà ed alla sicurezza personale e diritto ad un'equa riparazione ed art. 13 diritto ad un ricorso effettivo). Tempo qualche giorno e
la Corte Europea dispone che il governo italiano fornisca al ragazzo una diversa sistemazione (sia questa all'interno di una Rems o di altra struttura) ove potergli fornire un trattamento adeguato alle sue condizioni psichiatriche e nel rispetto delle esigenze di protezione e sicurezza per sé stesso e per i terzi. Così è iniziata la procedura “Preuschoff v. Italia”.
Curato in una struttura psichiatrica viene dichiarato non più pericoloso
Come spiega a
Il Dubbio l’avvocata Sonia Santopietro, il ragazzo viene finalmente trasferito in una struttura psichiatrica di Roma ove, in un ambiente confortevole ed adeguato, viene curato in maniera efficace e comincia un percorso riabilitativo e socializzante che lo porta a essere compensato. Arriva il giorno in cui
il magistrato di Sorveglianza di Roma rivaluta la sua pericolosità sociale e alla luce degli esiti del percorso terapeutico svolto conclude che non è più socialmente pericoloso, così consentendogli, come effettivamente ha fatto, di ritornare in patria. Successivamente, il governo italiano rende una dichiarazione di responsabilità ammettendo le violazioni contestate nel ricorso e, per l'effetto, offre una cospicua somma a titolo di risarcimento per tutti i danni patiti dal signor Preuschoff. Il 10 novembre scorso la Corte Europea dichiara conforme e rispettosa dei diritti dell'uomo garantiti dalla Convenzione l'ammissione di responsabilità del governo italiano e la congruità dell'offerta risarcitoria alla luce della giurisprudenza della Corte stessa in materia.Questa decisione è un contributo all'annosa quanto (ancora attuale questione delle Rems e della carenza dei posti letto. «Anche questa decisione europea - spiega l’avvocata Santopietro - deve farci riflettere sul
problema della salute mentale e sul fatto che la persona psichiatrica non imputabile e socialmente pericolosa non è una persona colpevole e, dunque, punibile ma una persona che ha il diritto di essere curata ed il diritto di essere curata in strutture adeguate; per questi motivi, è ingiusto che debba subire l'inefficienza di uno Stato che prima la giudica bisognosa di cure e poi la costringe ad un'attesa arbitraria per averle». Nel caso di Preuschoff, l'Italia ha ammesso quindi la sua responsabilità per tutte le violazioni contestate; ha anche messo nero su bianco di stare «adottando tutte le iniziative per regolare il problema dei posti disponibili nelle Rems». Vedremo se sarà così.