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Il coraggio di cambiare non è scontato. Mai. Dopo anni di dogmatismo mercatista, l’avvocatura ha avuto la capacità di non lasciarsi disilludere dalle esitazioni che, soprattutto a inizio legislatura, hanno ingolfato l’azione della politica. E così l’avvocatura istituzionale ha agito da soggetto innovatore, affiancando il legislatore, se si considera che diverse recenti norme, l’equo compenso innanzitutto, sono state messe a punto con il contributo dato dall’organo apicale dell’avvocatura. Nelle politiche della giustizia e delle professioni, quello che sta per concludersi è stato un anno di svolta anche grazie alla capacità di imprimere il cambiamento messa in campo dalla professione forense. E a ben vedere il dato innovativo riguarda non solo le inversioni di rotta verificatesi sul piano legislativo, ma soprattutto il nuovo ruolo conquistato dalle professioni, in una prospettiva dal potenziale evolutivo incalcolabile. Non è un caso che al termine di questa conversazione, il presidente del Cnf Andrea Mascherin indichi nel «più chiaro riconoscimento della libertà, dell’autonomia e dell’indipendenza dell’avvocato in Costituzione» il coronamento di questo percorso, e dunque l’obiettivo che lo stesso Consiglio nazionale intende dare all’avvocatura per l’anno che sta per iniziare.
Sul piano delle riforme il Cnf ha ricercato e raggiunto diversi obiettivi: l’equo compenso, il legittimo impedimento per le avvocate in gravidanza, i parametri così come al momento predisposti dal ministro Orlando. Quale le dà più soddisfazione?
Certamente quello del legittimo impedimento: davvero non era più tollerabile sapere di colleghe costrette a udienze spesso stressanti al nono mese di gravidanza, con tutti i rischi del caso.
Davvero importante per tutta l’avvocatura, dunque, il varo della norma, costruita, in particolare, assieme alle Camere penali e alle Camere civili.
E il traguardo che è stato più complicato raggiungere?
Certamente l’equo compenso.
Perché?
Il percorso è stato disseminato di difficoltà, resistenze di varia natura e provenienza, alle volte dettate da ottusità, altre volte da una visione immorale del mercato e dell’economia.
Fortunatamente gran parte della politica si è resa conto che non siamo più ai primi del Novecento e che la condizione del nostro sistema di mercato è cambiata radicalmente da almeno 20 anni. L’equo compenso è un passaggio fondamentale, per certi aspetti rivoluzionario, ma deve considerarsi tale, c’è ancora molto da fare, a iniziare da alcuni correttivi del testo.
Si aspettava la modifica migliorativa del testo arrivata con la legge di bilancio?
Era tra gli auspici, bisognava passare il primo guado, cosa fatta con il decreto fiscale, per poi provare a riavvicinarci il più possibile al testo pensato dal Cnf assieme al ministro Orlando attraverso un dialogo continuo con la politica, mai urlato, ma intenso. Il clima creatosi intorno alle professioni ha favorito il secondo passaggio, ora con la nuova legislatura cercheremo di completare l’impianto.
Pochi giorni prima del via libera alla Manovra, il guardasigilli aveva presentato il decreto sui parametri forensi, essenziali anche rispetto all’applicazione della norma sull’equo compenso.
I parametri proposti dal ministro Orlando sono in linea con l’approccio culturale e politico alla base del lavoro sull’equo compenso. Il limite posto alla possibilità di abbattimento del compenso da parte del giudice è un segnale forte. Anche in questo caso, magari con il contributo del parere delle commissioni Giustizia, e del Consiglio di Stato, speriamo in qualche piccola ulteriore miglioria.
L’immagine dell’avvocatura italiana pare essere cresciuta negli ultimi tempi.
Sì, l’impegno giornaliero e straordinario degli Ordini sul territorio, la qualità del mondo associativo ed eventi come ad esempio il G7 delle avvocature, o i protocolli con il Garante dei minori e con il Garante dei detenuti, o il progetto Alternanza scuola lavoro, così come le iniziative a tutela dei diritti umani e dei più deboli, sicuramente hanno contribuito a fare emergere il ruolo sociale dell’avvocatura e a farlo apprezzare ai massimi livelli istituzionali, fino allo straordinario riconoscimento dato dalla presenza del Capo dello Stato in occasione della prossima inaugurazione dell’anno giudiziario del Cnf.
Anche i rapporti con la magistratura sembrano sempre più di reciproco riconoscimento.
Sicuramente, abbiamo in corso un dialogo assai costruttivo e fatto di iniziative concrete con la Corte costituzionale, il Csm, con tutte le giurisdizioni superiori e anche con l’Anm. Credo che l’avvocatura debba cercare di governare i cambiamenti senza sottrarsi al dialogo con la magistratura.
In questo nuova fase di sempre più attivo e trascinante ruolo dell’avvocatura, è divenuta particolarmente importante la cura della qualificazione dell’avvocato.
I Consigli territoriali stanno facendo un lavoro enorme per garantire una formazione all’altezza, così come le associazioni stanno operando benissimo nel campo dell’alta formazione.
Il Consiglio nazionale, anche attraverso le proprie fondazioni, a sua volta ha organizzato e sta organizzando eventi formativi su tutte le materie del diritto. A riguardo, credo che come Consiglio dovremo sempre più organizzare eventi formativi a distanza per favorirne la più ampia fruibilità.
La recente costituzione dell’associazione “Economisti e giuristi insieme” con notai e commerciasti pare rispondere all’opportunità di avere strumenti sempre più incisivi in una fase così intensa per l’avvocatura e il Cnf.
La formalizzazione di questa alleanza a tre, sono certo, darà risultati importanti: la copertura contemporanea delle aree della economia e del diritto al giorno d’oggi non è eludibile. Avvocati, notai e commercialisti insieme potranno dare un grande contributo di sapere a vantaggio della collettività, oltre che dei propri iscritti.
Sempre nella stessa prospettiva pare inserirsi anche l’altrettanto recente costituzione del comitato delle associazioni specialistiche.
Si tratta di una iniziativa che tende a ottimizzare le straordinarie risorse scientifiche delle nostre associazioni: organizzate in maniera sinergica, riusciranno certamente a garantire una presenza nel sistema del sapere giuridico ancora più efficace di quanto non sia oggi.
Gli Ordini, con l’Agorà dei progetti, stanno lavorando al Congresso dell’avvocatura che nell’ottobre 2018 si terrà a Catania.
Il Congresso è un appuntamento importate e il prossimo vorrebbe essere anche l’occasione in cui l’avvocatura presenterà al Paese una serie di progetti su temi fondamentali, a cominciare da giustizia, fisco, mercato. Il sistema ordinistico, già intensamente impegnato quotidianamente in trincea a livello territoriale, si sta sobbarcando anche questo onere, che però potrà segnare una svolta nel ruolo propositivo e politico, nel senso nobile del termine, della nostra professione.
E per il 2018 qual è l’obiettivo principe?
Non so se ce la faremo entro il 2018, ma certamente il nostro sistema di equilibri all’interno della giurisdizione e di rispetto della separazione tra i poteri dello Stato, richiede che la libertà, l’ autonomia e l’indipendenza dell’avvocato venga riconosciuta con chiarezza in Costituzione. Si tratta di una modifica costituzionale che tutta l’avvocatura italiana perseguirà con impegno e senso di responsabilità e sarà la prima richiesta che tutti insieme faremo ai partiti come impegno elettorale.