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La riforma dell’ordinamento penitenziario arriva al traguardo più importante: il Consiglio dei ministri di ieri ha di nuovo approvato, e inviato per l’ultima volta al Parlamento, il decreto che consente di superare le preclusioni nell’accesso a benefici e misure alternative. Sul via libera definitivo ci sono ormai pochi dubbi:l’ultimo esame delle Camere, non vincolante, dovrà essere atteso per non più di dieci giorni dopo l’insediamento dei nuovi eletti. Non sono state recepite le richieste di modifica delle commissioni Giustizia: il testo del provvedimento resta di fatto invariato. Risolto anche l’ultimo rebus, relativo al rischio che il passaggio di consegne tra vecchia e nuova legislatura potesse imporre un ritorno dell’iter alla casella iniziale: non è così, assicurano dal ministero della Giustizia. Il cui titolare, Andrea Orlando, sembra dunque essere riuscito a cogliere l’obiettivo dopo un estenuante percorso a ostacoli. Si tratta del frutto di un lungo lavoro che parte proprio dall’intuizione del guardasigilli. È stata sua l’idea di istituire gli Stati generali dell’esecuzione penale, coinvolgendo giuristi, magistrati, politici sensibili alle tematiche penitenziarie come Rita Bernardini, associazioni come Antigone e volontari. Tre poi sono state le commissioni nominate da Orlando ed altrettante le aree tematiche principali: misure di sicurezza e sanità per la prima, ordinamento minorile per la seconda, ordinamento penitenziario per la terza. Di tutte le proposte prodotte dalle commissioni, solo il troncone principale riguardante soprattutto le pene alternative ha avuto la possibilità di percorrere il lungo iter per l’approvazione. Le misure alternative - concesse secondo la discrezionalità dei magistrati - consentiranno a un maggior numero di detenuti di scontare la pena attraverso una serie di misure di comunità che tendono non solo all’esecuzione della sanzione attraverso una precisa responsabilizzazione, ma anche al recupero sociale della persona. In sintesi, consentirà di recuperare la persona, quindi abbattere la recidiva e assicurare più sicurezza nel mondo libero.La riforma, come detto, è stata il frutto di un lungo percorso. Comincia ad assumere una forma embrionale a partire dal 19 maggio 2015, quando nel carcere di Bollate prendono il via gli Stati generali. Una vera e propria rivoluzione culturale pensata dal ministro Andrea Orlando e coordinata dal professor Glauco Giostra: oltre 200 esperti e addetti ai lavori si confrontano per sette mesi ed elaborano - tramite diversi tavoli tematici - un documento di quasi mille pagine che ha fissato le linee guida per l’attuazione della riforma. A giungo del 2017 il Parlamentoapprova la legge delega, e il 17 luglio il guardasigilli istituisce tre commissionicoordinate dal professore Glauco Giostra per l’elaborazione del vero e proprio testodi riforma dell’ordinamentopenitenziario, con il compito di tradurre in norme di dettaglio i principi generali della legge delega. Il 23 dicembre scorso si riunisce il Consiglio dei ministri e approva preliminarmente il decreto principale: restano fuori lavoro, affettività, minori, giustizia riparativa e misure di sicurezza. Arriviamo al 7 febbraio scorso quando le commissioni Giustizia di entrambe le Camere concludono l’esame dei decreti licenziati dal Consiglio dei ministri ed esprimono parere favorevole con relative osservazioni. Quelle del Senato rischierebbero, se recepite, di stravolgere il contenuto della riforma, soprattutto nella parte relativa al 4 bis. Poi il 22 febbraio il Consiglio dei ministri, a sorpresa, licenza preliminarmente i decreti lasciati indietro in precedenza e mette in stand by quello principale, già visionato dalle Camere. Protestano in molti, dai Garanti regionali e locali agli avvocati delle Camere penali che si sono mobilitati attraverso due giornate di astensione dalle udienze. Seguono numerosi appelli indirizzati al governo, che vedono in campo alte personalità del mondo giuridico, accademico, forense, con il Cnf in testa, e di parte della magistratura. Infine arriviamo a ieri con l’approvazione del decreto principale. Ora manca davvero poco per ottenere il via libera definitivo.