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Una, nessuna, centomila. Tante quante sono le soluzioni sul tavolo del governo per uscire dal labirinto della prescrizione. Palazzo Chigi ha convocato l'ennesimo vertice, in coda al Consiglio dei Ministri delle 17: dovrebbe essere quello chiarificatore, capace di riordinare l’agenda del governo sul nodo della giustizia, che minaccia di diventare un pericoloso casus belli per la tenuta dell’Esecutivo. Ad oggi, le posizioni intorno al tavolo sono precise ma ancora distanti. Il Guardasigilli Alfonso Bonafede, su cui ha pesato il pressing del premier Giuseppe Conte, dovrebbe presentarsi con una nuova proposta di mediazione: stop alla prescrizione dopo il processo di appello (e non dopo il primo grado, come prevede l’attuale legge). L’idea non trova muri invalicabili nei dem e Leu, con cui il canale di dialogo è aperto e costante, mentre la compagine di Italia Viva - da sempre ostile alla legge Bonafede tanto da aver sostenuto per quattro voti di fila la legge Costa che punta ad abrogarla - rimane scettica. I renziani avrebbero chiesto di aggiungere sul piatto anche il rinvio di sei mesi alla legge Bonafede, in modo da approntare la modifica. Per farlo, è già pronto e depositato l’emendamento Annibali al Milleproroghe che prevede lo slittamento della legge Bonafede al 2021. Inoltre, nonostante i dubbi di costituzionalità avanzati da più parti, al tavolo potrebbe tornare in discussione anche l’idea di un “doppio binario” di prescrizione tra assolti e condannati. Altro interrogativo - se la maggioranza trovasse la quadra intorno allo stop della prescrizione nel grado d’appello - riguarda il percorso parlamentare della nuova norma: la collocazione più logica sarebbe nel pacchetto di riforma del processo penale, che Bonafede ha annunciato sarà pronto «in 10 giorni». In questo modo, però, la modifica della prescrizione entrerebbe in vigore in tempi medio - lunghi, perchè si tratta di una legge delega che quindi poi necessiterebbe dei decreti attuativi. Al netto della tela filata da Conte, la situazione politica rimane tesa. E’ di 48 ore fa la smentita di via Arenula e Palazzo Chigi sulla minaccia di dimissioni di Bonafede e sul dibattito pesa la mancanza di leadership tra i 5 Stelle. Ieri gli input sono arrivati da due pulpiti diversi: il primo, a sorpresa, quello della consigliera regionale del Lazio e a capo dei grillini romani, Roberta Lombardi. In una lettera aperta a Nicola Zingaretti lo ha invitato a «trovare una convergenza che porti a due risultati fondamentali per la credibilità politica ed etica di noi tutti», ovvero l’abolizione della prescrizione e la revoca delle concessioni autostradali. Il sottinteso: pagate questo dazio per cementare l’alleanza strutturale. Di altro avviso, invece, il vero reggente del partito di Grillo: Vito Crimi, infatti, ha evitato di parlare della prescrizione sostenendo che il tema all’ordine del giorno è velocizzare i processi penali e, alla domanda sui contrasti nella maggioranza proprio sulla norma Bonafede, ha risposto in modo secco: «Renzi (che si oppone allo stop alla prescrizione ndr) se ne farà una ragione». Non proprio parole che aprono al dialogo. Nella guerra di posizione tutta interna alla maggioranza, infine, continua a insinuarsi il forzista Enrico Costa, che gongola. «Prescrizione per gli assolti, non per i condannati come vuole Orlando; ma prescrizione per i condannati che siano assolti in appello con recupero dei tempi persi, come vuole Leu; ma pure due anni di sospensione per gli assolti dopo il primo grado, copyright M5s, ed altrettanti dopo l’appello, ma pure 6 mesi in più se ci sono nuove prove da assumere in appello, per accontentare il Pd. Oppure, sospensione senza limiti della prescrizione dopo il secondo grado, allungando a dismisura la sospensione temporanea dopo il primo grado, che di temporaneo avrebbe così solo il nome», riassume, definendolo «Un labirinto senza fine». Sottintesa la strizzata d’occhio ai renziani: meglio continuare a votare la legge Costa e fare un bel rewind allo stato dell’arte pre governo gialloverde. Domani si sapranno gli esiti, con un'unica certezza: le montagne russe in Parlamento nel caso in cui l'Esecutivo non riuscisse a parlare con una sola voce.