PHOTO
Cartabia
Il potere di punire, «tanto terribile quanto necessario» ha assunto «delle dimensioni esorbitanti e non solo in Italia: c’è un panpenalismo che connota il nostro tempo fatto di abuso e invasività del diritto penale» per cui «creare aggravanti o innalzare le pene è la scorciatoia» con cui si risponde ai problemi. A dirlo è il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, nel corso del suo intervento ad un convegno organizzato a Padova dall’Associazione Padova Legge. Secondo la ministra esistono «troppe leggi, troppe sanzioni penali ma anche troppi processi, troppe indagini lasciate cadere e troppo carcere». E di fronte a queste si dovrebbe «introdurre una fase parlamentare in cui prima di fare un intervento si vada a vedere che effetto ciò può produrre sull’intero ordinamento, sul carcere o sul suo sovraffollamento e sulla possibilità stessa di dare applicazione effettiva della legge». «Il 35% dei processi si concludono con assoluzioni - ha ricordato la ministra - ma c’è un altro dato che è la ragione per cui si è intervenuti nella riforma sulle prime fasi del processo: la prescrizione dei reati colpisce il 37% dei processi in fase di indagini preliminari, in totale il 65% entro il primo grado. C’è un problema di numero delle iscrizioni e di capacità di portarle a termine e di tempi con cui queste si svolgono». Nel corso del suo intervento Cartabia ha puntato il dito in particolare contro il «troppo carcere». «Ci sono ancora tanti troppi problemi - ha spiegato - come l’uso della custodia cautelare in carcere già oggetto di una riflessione molto attenta nell’ultimo Consiglio dei ministri d’Europa. Quante detenzioni in carcere ci sono per pene brevi in cui di fatto le persone vengono esposte a una criminalità per cui si rischia di ottenere effetti contrari a quello della rieducazione?». Per questo, ha sottolineato Cartabia, «uno dei capitoli della riforma che spero possa avere prestissimo attuazione è quella delle sanzioni sostitutive per le pene detentive brevi, per evitare inutili passaggi in carcere, che sono dirompenti per il carcere e la persone, col grande potenziamento dell’esecuzione penale esterna». «La Costituzione è l’elemento che ha guidato i passaggi della riforma. Non chiamatela riforma Cartabia, è nata da un concorso di esigenze, contributi e poi è passata attraverso il lavacro della politica. È lì nel momento della decisione, prima del governo e poi del Parlamento, che sono stati finalizzati determinati obiettivi», ha chiosato la guardasigilli.