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Il Senato alle prese con una nuova legge sulla geografia giudiziaria
La road map della giustizia tracciata dalla ministra Marta Cartabia ha tra i punti più importanti un rimodellamento dell’Ufficio per il processo (Upp), strettamente connesso agli obiettivi fissati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Nell’Upp sono riposte tante aspettative. Ma è un istituto che rischia di essere sopravvalutato sia per quanto riguarda la possibilità di alleggerire l’arretrato dei Tribunali sia rispetto all’accelerazione dei processi. L’avvocatura ha più volte espresso cautela e continua a predicarla. Il rischio di creare un vero e proprio precariato giudiziario – considerato che il nuovo personale sarà assunto a termine – è alto. Occorre quindi sin d’ora prevedere soluzioni ragionevoli tali da consentire l’assunzione definitiva delle risorse in via di immissione. «Sulla carta – dice l’avvocato Mario Napoli, componente del Cnf –, l’Ufficio per il processo rappresenta uno dei pochissimi interventi sulla struttura organizzativa, anziché sulla procedura, rispetto alla quale decine di insensate riforme hanno solo peggiorato il quadro. In quanto tale non può che essere salutata con favore. Purtroppo, tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo il mare e non vorrei che l’Ufficio per il processo rappresentasse una ennesima tappa in quel troppo evidente procedere del legislatore verso l’abbandono, lo svilimento del ruolo e della qualità della funzione giurisdizionale». Il riferimento è al giudice di pace – «neppur lontano parente del pretore», ricorda Napoli, «figura davvero mai abbastanza rimpianta » – ma anche all’utilizzo del giudice monocratico, degli ausiliari, della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, per poi inevitabilmente propendere verso l’adozione di moduli e l’uso dell’intelligenza artificiale predittiva ». Le perplessità non mancano. E si trasformano in preoccupazione. «Non vorremmo – evidenzia Napoli – che l’Ufficio per il processo anziché alleggerire il giudicante da tante dispersive incombenze per consentirgli tempi di riflessione e approfondimento, badiamo bene che confermare una giurisprudenza è meno faticoso che innovarla, finisse per rappresentare un ulteriore scadimento della qualità delle decisioni, già oggi a livello di guardia. Quale potrà essere il concreto apporto dei giovani tirocinanti, freschi di laurea, precari e senza esperienza sul campo? Non sarebbe stato più opportuno reclutare figure professionali più formate, attingendo, e non in forma precaria, ad una giovane avvocatura rodata sul campo ma economicamente sofferente?». Occorre, a detta del consigliere Napoli, essere cauti e non cedere a facili entusiasmi. «Abbiamo sentito parlare, a proposito dell’Ufficio per il processo, di cambiamento epocale, di passaggio da un modello individuale di essere giudice a un modello collegiale. Ci auguriamo proprio che così non sia, che si abbia ancora una figura di magistrato in grado di far pesare la propria competenza e assumerne la responsabilità». Potremmo trovarci di fronte a una giustizia ostaggio dell’ansia da smaltimento dell’arretrato. «Non ho mai amato – ribadisce Napoli – la figura bendata nell’allegoria della giustizia. Vorrei sempre vedere negli occhi il mio giudicante. L’esigenza di smaltimento dell’arretrato e di minor durata dei processi, da tutti condivisa, non può essere a prezzo di una minore qualità delle sentenze. Anche il metodo del giudice Brodoye, che decideva le cause tirando a sorte con i dadi, vera alea judiciorum, potrebbe portare rapidità, ma non è certo ciò che ipotizza chi ancora si augura una giustizia giusta». Altri invece ritengono che con l’Ufficio per il processo si possa finalmente uscire dall’attuale dimensione “artigianale” del lavoro giudiziario. Ne è convinto Angelo Piraino, neosegretario di Magistratura indipendente. «È uno dei cardini – sottolinea – della riforma varata dall’attuale governo per cercare di centrare gli ambiziosi obiettivi di riduzione della durata del processo civile, che sono una delle condizioni per l’accesso ai fondi del Recovery». L’organizzazione del lavoro giudiziario, specialmente nel settore civile, è rimasta pressoché immutata da decenni ed è tutta incentrata sulla figura del giudice, chiamato a gestire i numerosi processi di cui è titolare in modo del tutto solitario. Ciò comporta, spesso, un impiego poco efficiente di energie intellettuali, che dovrebbero essere riservate interamente allo studio dei fascicoli e alla decisione. Solo a partire dal 2011, con la previsione dei tirocini formativi, si è assistito a un primo timido cambio di rotta, con l’affiancamento al giudice di giovani laureati, per un periodo di 18 mesi, i quali ricevono una formazione professionale e aiutano nello svolgimento di attività di carattere semplice. Una prima esperienza a mio parere molto positiva, anche perché ha consentito una maggiore osmosi tra il mondo dell’avvocatura e quella della magistratura, un percorso di formazione comune alle due professioni». Secondo Piraino, «con l’ufficio del processo e, soprattutto, con l’istituzione della figura dell’assistente del giudice, si compie un ulteriore importante passo in avanti verso la creazione di uno staff che può assistere il giudice nel suo lavoro, consentendogli di dedicare le sue energie migliori solo ai compiti di maggiore difficoltà e rendendo più efficiente la gestione dei processi». Il rischio di un precariato giudiziario, riferito al personale a tempo determinato che verrà assunto, non è però da escludere. «L’attuale riforma – conclude Piraino – prevede l’assunzione di personale precario, che dovrà essere formato prima di poter dare il suo contributo, ma che dopo poco più di due anni dovrà lasciare gli uffici, così disperdendo tutta la professionalità acquisita. In questo modo, il rischio di vanificare gli effetti della riforma e di non poter raggiungere gli obiettivi prefissati dall’Europa è estremamente concreto».