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Era stato portato al carcere trentino di Spini di Gardolo e messo nella cella dell’infermeria insieme a un altro detenuto. Tre giorni dopo il suo ingresso nella casa circondariale, colto dalla disperazione, ha deciso di farla finita impiccandosi al cancello della cella. La tragedia è accaduta nella notte di venerdì scorso e nel momento del suicidio, non solo c’era un unico agente per coprire quattro posti di servizio, ma soprattutto non c’era alcun medico o infermiere. Quando l’agente ha fatto visita alla cella, ha trovato l’uomo impiccato: per lui non c’era purtroppo nulla da fare. Eppure non doveva neppure starci in carcere visto il suo stato psicofisico mentale precario. Si chiamava Luca Soricelli e aveva trentacinque anni. Era stato arrestato lunedì notte dai carabinieri per l’incendio appiccato al distributore di benzina di via Cavour a Rovereto. Un gesto folle. Quando i carabinieri lo avevano fermato era stato trovato in stato confusionale e poco lucido. Il trentacinquenne pochi minuti prima aveva pagato di propria 150 euro di benzina, poi aveva cosparso di carburante le pompe del distributore e aveva appiccato il fuoco. L’intervento di uno dei gestori prima e quello dei vigili del fuoco poi aveva scongiurato il peggio, ma i danni sono stati comunque ingenti. Dal momento dell’arresto non ha detto una parola, forse non ha nemmeno parlato con lo psichiatra che l’ha visitato e assicurato sulla sua idoneità a essere rinchiuso in una cella. È stato processato per direttissima. Luca era risultato idoneo per il carcere. Talmente idoneo che si è poi impiccato con un lenzuolo intorno al collo. Eppure la storia di Luca, segnata dal disagio sociale che intaccato la sua capacità psichica, era cosa nota ai servizi e alle strutture pubbliche di assistenza sociale e psichiatrica.
Eppure, prima della sentenza, è stato condotto preventivamente in carcere. Tre sono i motivi per giustificare la custodia cautelare: il pericolo di reiterazione del reato, il pericolo di fuga o l’inquinamento delle prove. Per una persona con problemi psichiatrici come Luca Soricelli, c’è solo il primo pericolo. Ma nei casi compiuti da persone con disturbi psichici esiste il trattamento sanitario obbligatorio.
LA “STANZA DELLE PERCOSSE” I detenuti a Trento, stando agli ultimi dati del Dap, sono 337. Secondo il Sappe l’organico è di 214 agenti, ma gli effettivi sono di fatto sono solo 108 e di questi molti vengono impiegati per i piantonamenti altasca l’ospedale. La notte della tragedia doveva esserci qualcuno a sorvegliare il trentacinquenne, ma l’agente incaricato doveva coprire quattro posti contemporaneamente. Pochi minuti di assenza e c’è stata l’impiccagione. Nel carcere di Trento, da quando è stato inaugurato, a fine gennaio 2011, sono avvenuti quattro suicidi. Ma c’è un altro problema che il Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma ha denunciato alla Procura. Nel suo rapporto racconta di aver visitato la sezione di isolamento. All’ingresso ci sono due stanze: una, a destra, utilizzata come magazzino, mentre un’altra, a sinistra ( indicata come stanza 2706) trovata vuota, arredata solo con un armadio di metallo, che presentava sulla parete segni di colpi da cui partivano striature nere e sotto delle piccole macchie a forma di schizzi di colore bruno che potevano essere indicativi di sangue. Il comandante di reparto, presente al momento della visita, ha ipotizzato che il sangue, qualora accertato, potesse essere dovuto ad atti di autolesionismo. A questa stanza, la delegazione del garante, era arrivata su segnalazione di diversi detenuti: sia di alcuni ospitati a Trento nel giorno della visita, sia di altri non più detenuti a Trento e incontrati in altri Istituti, che avevano fornito convergenti indicazioni. La stanza era stata indicata come luogo in cui alcuni di essi avevano subito percosse da parte di personale della Polizia penitenziaria. Mauro Palma ha quindi chiesto che si faccia luce sulla natura e sull’origine delle macchie sul muro e di sapere quale sia ufficialmente l’uso della stanza 2706. Qualora si accerti che all’origine vi siano atti di autolesionismo, il Garante chiede di sapere perché persone a rischio siano state messe in una stanza non detentiva priva di qualsiasi arredo tipico di una stanza di pernottamento e non in infermeria o in una stanza dove sia possibile una continua osservazione. Qualora invece tale ipotesi non venisse confermata e le macchie risultassero di sangue, chiede che ne venga trasmessa informazione alla Procura della Repubblica, anche in considerazione delle altre denunce che questo stesso Garante ha ricevuto nonché di quanto apparso sulla stampa dopo una specifica audizione del responsabile sanitario da parte della Prima commissione del Consiglio della Provincia di Trento. La Procura, in seguito all’esposto, aveva aperto un’indagine. Recentemente però ha chiesto l’archiviazione del fascicolo, ritenendo le accuse infondate. Ma il garante ha presentato opposizione. Ora si attende l’udienza davanti al gip.