PHOTO
PENITENZIARIO IL CARCERE DI SOLLICCIANO A FIRENZE ESTERNI
L’attuale maggioranza, a parte qualche voce sporadica, è assolutamente contraria all’amnistia e all’indulto e non ha alcuna intenzione di accogliere gli appelli del Papa e del presidente della Repubblica affinché sia rispettata la dignità di chi si trova dietro le sbarre.
Un’indifferenza che i suicidi non scalfiscono: nel carcere di Sollicciano, è stato un 26enne egiziano a togliersi la vita, il primo del 2025, dopo che nell’anno appena finito si era registrato il macabro record di 89 reclusi morti suicidi.
L’unica risposta della politica è: “Occupiamoci dei detenuti tossicodipendenti”. Ma pensare di risolvere così il sovraffollamento è il segno che non sia abbia la minima idea di chi oggi è in carcere, di quali siano le criticità del sistema ma anche di quale sia il percorso riabilitativo dagli stupefacenti.
Nelle carceri ci sono migliaia di detenuti che utilizzano sostanze ma non tutti sono “certificati” come assuntori. «Nel corso della visita del Partito Radicale per il Natale in carcere, a San Vittore abbiamo trovato almeno il 70 percento di detenuti tossicodipendenti. In gran parte si tratta di soggetti che assumono sostanze di ogni genere, anche psicofarmaci, spesso usati per creare “sballo” e alleviare le pene di una vita disagiata», ha dichiarato l’avvocata radicale Simona Giannetti. «Queste sostanze - ha aggiunto - non sono però considerate come stupefacenti e dunque non permettono un percorso per la riabilitazione dall’abuso e neanche per l’attivazione di una cura per controllare la dipendenza» Il punto che la politica ignora è proprio questo: si può accedere alle misure alternative previste per la riabilitazione dalla tossicodipendenza, una volta ottenuto il certificato dal Sert interno al carcere, con un programma da eseguire fuori dalle mura, in detenzione domiciliare o in affidamento presso le comunità, che si occupano di questi pazienti.
Ai detenuti che volessero aderire al percorso di riabilitazione servono dunque più educatori e più medici del Sert (che non ci sono), i quali possano procedere ai colloqui in carcere, necessari per un programma che la norma considera a pena di inammissibilità per ottenere “l’affidamento terapeutico”. Questo è “occuparsi dei tossicodipendenti”.