IL LAVORO RENDE LIBERI?

FOUNDER ECONOMIA CARCERARIA

Fino al 1987, l’adoperarsi affinché ogni detenuto avesse un’occupazione durante la pena era una prerogativa principalmente affidata della direzione penitenziaria. Si avevano due opzioni: occupare persone detenute in lavori intra- murari come servizi d’istituto e lavorazioni agricole o artigianali interne, oppure contattare imprese e aziende esterne convincendole a dare un’opportunità lavorativa extra- muraria alle persone recluse, permettendo a quest’ultime di recarsi a lavoro scortati dalla polizia penitenziaria.

Questa seconda opzione, sicuramente la più auspicabile per favorire il reinserimento lavorativo e la risocializzazione del detenuto, fu anche la più difficile da attuare. Innanzitutto, scortare le persone fino al luogo di lavoro era un impegno gravoso sia economicamente sia di organizzazione del personale per l’amministrazione penitenziaria. La difficoltà maggiore però era investire l’amministrazione penitenziaria di una funzione estranea alle competenze tipiche del sistema carcerario, ovvero cercare aziende disposte ad assumere.

L’immobilità delle amministrazioni penitenziarie nella ricerca di aziende, sommata alla poca e nulla informazione che avevano gli imprenditori circa la possibilità di assumere persone detenute, portò al totale fallimento degli intenti sottesi all’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario del 1975 che auspicava il lavoro all’esterno.

Nel 1987 si cerca di ri- organizzare il mercato del lavoro in Italia e, per la prima volta, in una legge così organica, generale e vasta, il legislatore non tralascia le problematiche che un detenuto deve affrontare nella ricerca del lavoro. Anzi, si cerca di equiparare la figura del detenuto a quella del lavoratore, o di coloro in cerca di occupazione. La funzione, propriamente detta di collocamento, viene affidata all’ufficio di collocamento locale che può così utilizzare strumenti e competenze tipiche della ricerca della domanda di lavoro. I detenuti possono essere iscritti alle liste di collocamento e attraverso un buon lavoro dell’ufficio di collocamento sperare di trovare un lavoro esterno. Certo, in termini formali fu un passo importante, ma purtroppo nella sostanza non servì molto ad aumentare il lavoro all’esterno presso aziende private, i risultati non arrivarono e il lavoro esterno rimase ancora un miraggio per le persone recluse.