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Il lavoro in carcere rappresenta una risorsa cruciale per il reinserimento sociale dei detenuti e per combattere il rischio di recidiva. Tuttavia, l'ultimo intervento del governo sta mettendo in crisi questo sistema, con tagli ai fondi che minano la già fragile situazione lavorativa all'interno degli istituti penitenziari. Secondo Patrizio Gonnella, presidente dell'associazione Antigone, il Ministero della Giustizia ha ridotto di oltre il 50% i finanziamenti destinati al pagamento dei detenuti lavoranti.
«Il fabbisogno per mantenere i livelli di occupazione nelle carceri del Piemonte, Liguria e Valle D'Aosta era di 2 milioni di euro», spiega Gonnella. «Tuttavia, il Ministero ha stanziato meno della metà di quanto richiesto, costringendo le direzioni degli istituti a tagliare il numero di detenuti lavoratori o a ridurre drasticamente le ore di impiego».
I tagli colpiscono duramente settori particolarmente delicati, come quello degli assistenti ai detenuti disabili o non autosufficienti e dei lavoratori dell'area pedagogica, tra cui bibliotecari e scrivani. Si tratta di una misura che, come sottolinea Gonnella, avrà conseguenze devastanti: «Il lavoro in carcere è già scarso, solo il 30% dei detenuti è occupato, e la maggior parte di loro lavora per l'amministrazione penitenziaria, spesso solo per pochi giorni o poche ore alla settimana».
Il guadagno che i detenuti riescono a ottenere attraverso il lavoro serve a preparare il loro ritorno in libertà, garantendo loro un minimo di risorse per far fronte alle spese necessarie, comprese quelle del mantenimento che devono allo Stato al termine della pena. Tagliare ulteriormente questi fondi significa negare loro una delle poche opportunità di guadagno e lasciare le persone in una condizione di apatia e deprivazione. Questa mancanza di stimoli aumenta il rischio di recidiva e, paradossalmente, peggiora la sicurezza pubblica.
«Invece di investire nel reinserimento sociale e nella sicurezza, il governo risponde alle tensioni nelle carceri con politiche repressive e la costruzione di nuove strutture», afferma Gonnella. Le carceri italiane sono già sovraffollate e in condizioni di vita difficili, con un tasso di suicidi allarmante: 73 casi solo quest'anno, il secondo dato più alto di sempre.
Di fronte a questa emergenza, Antigone denuncia l’assenza di politiche efficaci. «Il governo continua a tagliare i fondi per i detenuti lavoranti, riducendo le prospettive di chi spera in un futuro diverso», conclude Gonnella. Questa situazione non fa che peggiorare la deprivazione all’interno degli istituti, generando nuove tensioni e rendendo ancora più difficile il reinserimento dei detenuti nella società.