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Al processo d’Appello sulla presunta trattativa Stato-mafia, durante l’ultima requisitoria da parte dei sostituti procuratori della procura generale di Palermo, è stato commesso un altro errore di distrazione. Il Dubbio si permette di segnalarlo anche questa volta. L’oggetto del discorso è la gestione del procedimento mafia appalti, scaturito dal dossier redatto dagli attuali imputati, gli ex Ros Mori e De Donno, e nato sotto l’impulso del giudice Giovanni Falcone. Mafia-appalti: riemerge la teoria della doppia informativa Non entriamo nel merito della difesa dell’operato dei magistrati di Palermo, all’epoca titolari di quel procedimento, fatta dal Pg. Riemerge nuovamente il discorso relativo alla teoria della doppia informativa. In sostanza, l’accusa del processo trattativa, dice che i Ros avrebbero omesso, in un primo momento, i nomi di politici importanti. Tra di loro, quello di Calogero Mannino.
La gip di Caltanissetta, Gilda Loforti, respinse la teoria della doppia informativa La teoria della doppia informativa è stata però respinta dall’allora dottoressa Gilda Loforti, gip di Caltanissetta, tramite l’ordinanza del 2000 che in sostanza decostruisce la memoria dei titolari del procedimento mafia-appalti, che all’epoca dovettero difendersi dalle forti critiche dei giornali di allora.
Anche la giudice di Palermo nel processo Mannino la respinse
Tale tesi è stata riproposta anche al processo stralcio trattativa nei confronti di Mannino. Respinta, per l’ennesima volta, dalla giudice di Palermo Marina Petruzzella. Ebbene, legittimamente, il Pg del processo d’appello trattativa, ribadisce la sua convinzione che anche in questo caso, la giudice si sbaglia.
L'errore del Pg: «Il giudice di Palermo censura Falcone, Pignatone e Lo Forte» Anzi, dice di più. Ed è qui che ci permettiamo di evidenziare l’errore.«Il giudice dell’abbreviato Mannino - osserva il Pg durante la sua ultima requisitoria -, dice che i magistrati che conducevano le indagini mafia-appalti avrebbero dovuto saperlo quali erano l’oggetto delle intercettazioni. Dice che avrebbero dovuto essere più attenti!». Il Pg prosegue: «Il giudice di Palermo, quindi, censura la disattenzione, neanche soltanto colposa, del dottor Falcone, del dottore Pignatone, del dottore Lo Forte, dei magistrati che seguivano in concreto le indagini». Ecco l’errore. La giudice del processo Mannino, come l’allora giudice Gilda Loforti, non accusa assolutamente Giovanni Falcone.
Fu proprio Falcone a criticare i suoi colleghi di Palermo sulla gestione di mafia-appalti
Anche, perché, come vedremo, dai verbali emerge che è stato Falcone stesso a criticare i suoi colleghi.Il giudice ucciso a Capaci ha seguito effettivamente tutte le indagini dei Ros partite dall’anno ‘88 e scaturite con il dossier depositato – per volere stesso di Falcone – il 20 febbraio del 1992. Parliamo di indagini che riguardano – come si legge nel dossier sottoscritto anche da Falcone – «fatti accertati in Palermo, nella regione Sicilia e nel territorio nazionale dal 1988 in poi». Grazie alle informative precedenti al dossier, Falcone – come altri magistrati della procura di Palermo - era perfettamente a conoscenza, già con le informative inviate a partire da settembre 1990, della esistenza di una complessa attività investigativa volta alla “identificazione” dei personaggi della politica e della imprenditoria nazionali.
Falcone aveva lasciato la procura di Palermo e si era trasferito a Roma
Sappiamo, ma anche il Pg lo ha effettivamente detto durante la requisitoria, che Falcone – dopo il deposito del dossier mafia-appalti – da lì a poco aveva lasciato la Procura e si era trasferito al ministero della Giustizia. Le critiche nei confronti dei titolari del procedimento mafia appalti, non erano assolutamente quindi indirizzate a Falcone: lui a Palermo non c’era già più. La giudice del processo di primo grado a Calogero Mannino, nel dire che i magistrati di Palermo avrebbero dovuto lavorare meglio, si è rivolta ai titolari di allora. E Falcone, appunto, non c’entra. Ci permettiamo di segnalare questa distrazione, perché la giuria popolare potrebbe immaginare che la feroce critica nei confronti della gestione di quel procedimento, tanto caro a Paolo Borsellino visto che aveva considerato quel dossier il movente della strage, fosse rivolta anche nei confronti di Giovanni Falcone. Tutt’altro invece.
Due testimonianze autorevoli confermano le critiche di Falcone
A questo punto, sveliamo dei verbali inediti che si trovano nel fascicolo dell’allora Gip Gilda Loforti, dove si evince che Giovanni Falcone – conoscendo appunto il dossier e le informative precedenti dei Ros visto che ha seguito passo dopo passo l’indagine –, a detta di due autorevoli testimonianze, si mostrò molto critico nei confronti della Procura soprattutto a seguito di quei solo sei arresti.
Liana Milella pubblicò, all’indomani della strage di Capaci, le annotazioni dei diari di Falcone
Ribadiamo, Il Dubbio si limita solo a riportare i fatti documentati e già cristallizzati in altri atti giudiziari.Il primo è un verbale di assunzione di informazioni del 1997 riguardante Liana Milella, all’epoca giornalista del Sole 24ore. È stata sentita avendo, all’indomani della strage di Capaci, pubblicato sul giornale le annotazioni dei diari di Falcone che lui stesso le aveva consegnato.
La giornalista: «Era preoccupato e disse che alla Procura di Palermo non aveva più spazi»
Il motivo della consegna dei diari, ha detto Milella, era perché «era preoccupato di mostrare, almeno alle persone a lui più vicine, quali fossero i reali motivi che lo avevano indotto a lasciare Palermo». Non solo. «Anche prima di consegnarmi i suoi “appunti” – ha raccontato Milella -, Falcone disse che alla Procura di Palermo non aveva più spazi e le possibilità operative per lavorare efficacemente». E ha aggiunto: «Ciò a causa della contrapposizione che si era venuta a creare con il Procuratore Giammanco e con i sostituti procuratori a Giammanco più vicini, tra i quali in particolare il Dr. Lo Forte e il Dr. Pignatone».
Milella scrisse più di un articolo critico sulla gestione del procedimento mafia-appalti
Ma veniamo a mafia-appalti. Alla domanda se avesse avuto o meno qualche confidenza da Falcone relativamente alla gestione di quel dossier dei Ros, Milella ha risposto che lei scrisse più di un articolo critico sulla gestione di quel procedimento da parte della Procura e del fatto che fossero stati arrestati “pesci piccoli”. Ebbene la giornalista Milella ha aggiunto: «Falcone, in più occasioni, ed in particolare dopo gli arresti, aveva commentato, con grande delusione, gli sviluppi di quell’inchiesta dicendomi che riteneva riduttiva la scelta di arrestare solo certe persone e riferendomi che non si volevano sviluppi di alcun genere nei confronti dei politici».
Martelli nel 1998: «Falcone osservò che Giammanco aveva trascurato o insabbiato quell’indagine»
L’altro verbale è del 1998 e riguarda la testimonianza dell’ex ministro Claudio Martelli. L’argomento è sempre mafia-appalti ed è stata posta la domanda se Falcone mai ne parlò con lui, relativamente alla gestione del procedimento. «Quel che ricordo – ha raccontato Martelli – è che Falcone osservò che Giammanco aveva trascurato o insabbiato quell’indagine. Quando poi è sorto un certo clamore (i giornali critici, ndr), allora il procuratore di Palermo aveva avuto la bella pensata di venire a Roma e, con un atto irrituale, di consegnare al ministro quella documentazione. Per questo Falcone mi suggerì di non incontrare Giammanco. Non escludo che vi sia traccia formale della decisione mia o degli Uffici, di considerare irrituale e irricevibile la trasmissione di quegli atti dalla Procura di Palermo al ministero della Giustizia».
La giudice del processo Mannino ha bacchettato i magistrati di Palermo
Ecco perché ci permettiamo di evidenziare l’errore dell’accusa durante l’ultima sua requisitoria al processo trattativa Stato-mafia. No, la giudice che ha assolto Mannino, non ha bacchettato Falcone, il quale non era tra i titolari. Ma ha bacchettato i magistrati di Palermo che, a quanto risulta dai verbali, erano criticati anche da Falcone stesso. Ovviamente è legittimo non essere d’accordo, e addossare la colpa ai Ros. Ma a questo punto, evidentemente anche Falcone aveva preso degli abbagli. Anche se ci permettiamo di dire che il giudice ucciso a Capaci era di una intelligenza difficilmente imitabile. Borsellino, non a caso, ha seguito le sue orme fino alla fine della sua vita annientata quel maledetto 19 luglio 1992 in Via D’Amelio.