DOPO LA POLEMICA IL COMUNICATO DI “ARTICOLOCENTOUNO”

«Condividiamo in pieno la presa di posizione di Magistratura Democratica sul caso Brescia. Il contenuto della smentita dell’avvio di un’indagine su quanto accaduto non solo non convince per la sua inspiegabile tardività ma suscita ulteriori gravi perplessità e interrogativi».

Inizia così il comunicato di ArticoloCentouno a firma di Maria Angioni, Giuliano Castiglia, Ida Moretti e Andrea Reale Componenti del Comitato direttivo centrale dell’Anm sulla vicenda di Brescia e le pressioni ricevute dai giudici che hanno deciso l’assoluzione per l’uomo che aveva ucciso la moglie.

«Perché mai una fisiologica decisione assolutoria, vieppiù in pendenza del termine per la motivazione, dovrebbe essere trasmessa quale “notizia agli uffici competenti”? E quali sarebbero questi uffici? E quali “valutazioni” e “accertamenti” sarebbero chiamati a compiere? E quale sarebbe la richiamata “prassi” in base alla quale tutto ciò accade? Esistono atti – circolari, direttive, risoluzioni… – in materia?», si chiedono retoricamente i quattro.

«E, su altro versante, resta senza risposta l’interrogativo enormemente preoccupante sul perché – come si legge sul sito del Corriere della Sera – “dai giudici bresciani è arrivata una nota ufficiale che precisa i perché dell’assoluzione”. Qualcuno gliel’ha richiesta? Chi? E perché?» «Il caso riflette chiaramente che la cultura dell’indipendenza della giurisdizione è sempre più deficitaria nella classe dirigente politica e magistratuale. Al contempo, esso impone con sempre maggiore urgenza la necessità di rimuovere le cause di tale deficit culturale e di adottare, superando gli sterili proclami, iniziative idonee a tutelare effettivamente l’indipendente esercizio della giurisdizione.» «Occorre, tra l’altro, valorizzare al massimo il ruolo sindacale dell’A. N. M. secondo quanto specificamente previsto dall’art. 2 dello Statuto dell’Associazione ( tutelare gli interessi morali ed economici dei magistrati, il prestigio ed il rispetto della funzione giudiziaria), arginare la deriva delle nomine fiduciarie di magistrati nelle più varie collocazioni fuori ruolo ( inevitabilmente foriere di un’inaccettabile commistione di interessi), chiudere le porte girevoli fra magistratura e politica.»