“Profonda preoccupazione per il progressivo, esorbitante aumento di suicidi all’incerto della comunità carceraria”. Ad esprimerla sono l’Associazione Italiana dei Professori di Diritto penale, L’Associazione tra gli Studiosi del Processo Penale “G.D. Pisapia” e l’Associazione Italiana dei Costituzionalisti, che con un documento congiunto lanciano un appello al Parlamento per fermare la strage in corso nei penitenziari.
I numeri sono spietati: a metà 2024 siamo già a 45 suicidi, a cui va aggiunto il numero di agenti penitenziari che si sono tolti la vita nell’ultimo anno. “Di fronte alla drammaticità di questi atti estremi, è doveroso – politicamente e costituzionalmente - operare sulle concause rispetto alle quali c’é margine di intervento, per assicurare una pena detentiva quantomeno rispettosa del canone di umanità e che, aprendosi ancora  di più di quanto non faccia alla società, riesca finalmente a superare il carattere segregante che la caratterizza da sempre”, si legge nella nota del 20 giugno. 

L’allarme riguarda soprattutto il sovraffollamento che, come ricordano i giuristi, comincia ad avvicinarsi ai livelli della sentenza Torreggiani della Cedu. In Italia, secondo il Dap, al 31 maggio ci sono 61.547 reclusi, 1.381 in più rispetto a inizio anno (+2,3%). Domani a Montecitorio è calendarizzata la proposta di legge sulla liberazione anticipata speciale di Roberto Giachetti (Italia Viva) e Nessuno Tocchi Caino. Una soluzione che può ridurre il sovraffollamento, allentare la tensione, dare respiro agli stessi agenti, ormai allo stremo. 

“Nella della maggior parte degli istituti di pena non sono assicurate le condizioni minime di spazio imposte del rispetto inderogabile della dignità umana, pur entro un contesto problematico e complesso che altera comunque le dimensioni spazio-temporali e le relazioni interpersonali, bagaglio essenziale del vissuto dì ogni persona. È dì tutta evidenza, poi, conte ne risultino inevitabilmente pregiudicate le condizioni necessarie a garantire il rispetto del principio costituzionale della funzione rieducativa delle pene”, scrivono le Associazioni ricordando il richiamo all’Italia da parte del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa. 

Bisogna dunque agire, e subito, sottolineano i giuristi. “Compete, anzitutto, al legislatore intervenire con urgenza per fronteggiare e risolvere il descritto problema. In assenza, non può certo escludersi che sia la Corte costituzionale - ove opportunamente sollecitata dalla magistratura di sorveglianza –  a dover intervenire per arrestare l'eccessivo protrarsi dell’inerzia legislativa, già definito “non tollerabile” nella sentenza n. 279 del 2013, probabilmente attraverso l’estensione delle ipotesi di rinvio facoltativo della pena o di applicazione della detenzione domiciliare”.

Dopo aver passato in rassegna il “fallimento dei processi di riforma del sistema sanzionatorio” e meccanismi deflattivi che non hanno prodotto gli effetti sperati, i giuristi elencano una serie di misure che ritengono necessario introdurre. Tra queste sicuramente un più ampio ricorso ai percorsi alternativi al carcere, che mirano anche a ridurre la recidiva. Ma anche “norme e misure che pongano limite all’impiego inflazionato della misura cautelare in carcere” e investimenti in attività trattamentali che riducano “al minimo necessario il ricorso al regime delle “celle chiuse”, in modo da non comprimere oltre il necessario la libertà di movimento dei detenuti”.