Il sistema carcerario continua a essere teatro di drammatiche perdite umane, una vera e propria mattanza senza precedenti. La scorsa notte, un detenuto si è tolto la vita presso la casa circondariale di Viterbo, segnando il settimo caso di suicidio nel Lazio nel 2024. Dall’inizio dell’anno si contano 88 suicidi (escludendo quelli avvenuti nei Cpr). Il record trentennale è stato ampiamente superato, anche se i dati ufficiali del Dap non includono i decessi avvenuti in ospedale a seguito di atti suicidi commessi in carcere. Proprio sulla discrepanza di questi dati, il deputato di Italia Viva Roberto Giachetti ha presentato di recente un’interrogazione parlamentare.

Stefano Anastasìa, Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, che ha diffuso la notizia del suicidio, lancia l’ennesimo grido d’allarme. «Stiamo assistendo a una preoccupante dissipazione di vite umane e diritti all’interno delle nostre strutture penitenziarie», dichiara con profonda amarezza. La situazione è sempre più critica. Oltre al caso di Viterbo, c’è un ulteriore episodio da accertare a Frosinone, dove giovedì scorso si è verificato anche un decesso per malore improvviso. Questi eventi drammatici sollevano interrogativi urgenti sulle condizioni di vita negli istituti penitenziari.

Anastasìa traccia un quadro complesso e allarmante. Nonostante gli sforzi congiunti di garanti, operatori sanitari, personale penitenziario e volontari, il sistema sta collassando sotto il peso di molteplici criticità. La carenza di risorse, spazi e personale, unita a un irrigidimento legislativo e amministrativo, sta trasformando le carceri in luoghi sempre più difficili e pericolosi. Il Garante rivolge un accorato appello a governo e Parlamento: è necessario un cambio di rotta radicale. Le priorità devono essere la riduzione del sovraffollamento e la garanzia di condizioni di vita e lavoro dignitose per detenuti e operatori. Dietro ogni numero, ogni statistica, ci sono storie umane, esistenze spezzate e sofferenze che chiedono di essere ascoltate e comprese. Il suicidio in carcere non può e non deve più essere considerato un evento inevitabile. Parlare di fatalità non è più accettabile.