La questione dei suicidi nelle carceri italiane è un dramma che, anno dopo anno, si ripresenta con una gravità sempre crescente. Un dramma che non riguarda solo i numeri, ma soprattutto le vite spezzate e le storie dimenticate dietro le fredde statistiche. Eppure, proprio sui numeri, ci si perde. Sono 79, 83 o 85 i detenuti che si sono tolti la vita dall'inizio dell'anno? E questa discrepanza, apparentemente piccola, riflette una più profonda crisi di trasparenza e responsabilità.

Secondo il Garante nazionale, tramite l’analisi dei dati aggiornati al 2 dicembre, i suicidi sono stati 79; il portale “Ristretti Orizzonti” ne conta 85, al netto di un caso verificatosi in un centro di permanenza per i rimpatri; il ministro della Giustizia Carlo Nordio, in un’intervista a Il Foglio, non ha contestato il dato di 83 aggiornato a quel momento. La differenza non è marginale: ogni cifra rappresenta una vita, una tragedia che non può essere banalizzata.

Eppure, al di là del balletto delle cifre, il governo continua a negare un collegamento diretto tra il sovraffollamento carcerario e i suicidi, una posizione fortemente contestata dagli esperti e dalle associazioni per i diritti umani. Come ha ricordato recentemente Rita Bernardini di Nessuno Tocchi Caino, il rapporto del Garante nazionale del 25 novembre parla chiaro: “È ipotizzabile che all’aumentare del sovraffollamento si possa associare un aumento degli eventi critici, in particolare di quelli che più di altri sono espressione del disagio detentivo: atti di aggressione, autolesionismo, suicidi, tentativi di suicidio, omicidio”. In altre parole, il degrado delle carceri italiane non è solo un problema logistico, ma una condizione che amplifica il disagio psicologico e umano dei detenuti.

Dietro ogni numero, c'è una storia umana. Dietro ogni statistica, c'è una sofferenza che chiede di essere ascoltata e compresa. Ma dietro tutti questi grandi numeri c'è un sistema al collasso e finora nessuna concreta misura è stata presa per far fronte a questo problema.

Nel frattempo, ieri l'ennesimo suicidio in carcere. A darne la notizia è Gennarino De Fazio, segretario generale della UilPa Polizia Penitenziaria. Magrebino, di soli 21 anni, ha messo fine alla sua giovanissima vita nel pomeriggio, impiccandosi nella sua cella del carcere genovese di Marassi, al reparto Sai (servizio assistenza intensificata), dove pare fosse stato allocato per pregressi intenti suicidari. A nulla sono valsi i soccorsi di operatori e sanitari.

Con 85 detenuti che si sono tolti la vita nel 2024, ai quali bisogna aggiungere 7 appartenenti alla Polizia penitenziaria, quando mancano ancora 27 giorni alla fine dell'anno, è stato già superato il numero monstre del 2022, anno più tragico di sempre, quando i suicidi furono 84. A Marassi, peraltro, è il quarto, l'ultimo solo il 15 novembre scorso. E a proposito del sovraffollamento, «anche a Marassi, su 535 posti, sono ammassati 696 reclusi che vengono gestiti da appena 330 agenti, quando ne sarebbero necessari almeno 551», chiosa De Fazio.

Il Dap precisa, ma i numeri non tornano

Sulla vicenda interviene anche il Dap con una nota in cui si stabilisce che i detenuti che si sono tolti la vita sono 79 e si aggiunge: «Pur nella consapevolezza che ogni singolo evento critico e, a maggior ragione, ogni notizia di decesso di un detenuto riveli la drammaticità di una dolorosa vicenda umana che sconvolge non solo i familiari della persona e gli altri detenuti, ma anche tutto il personale che con diverse competenze opera ogni giorno e con grande professionalità negli istituti penitenziari, si avverte la necessità di fare chiarezza sui dati ufficiali del Dipartimento a fronte di numeri diversi che quotidianamente vengono forniti da enti o associazioni di volontariato nel loro pur apprezzato impegno offerto nel sistema penitenziario».

Tuttavia, anche in questo caso, i numeri non tornano. Come già riportato, il Garante al 2 dicembre segnala 79 suicidi. Nel frattempo, però, un altro detenuto si è tolto la vita nel carcere di Genova. Seguendo quindi l’ultima notizia di cronaca, il conteggio sale a 80. Questa ennesima discrepanza pone una questione fondamentale: come vengono classificati i suicidi?

L’interrogazione parlamentare di Giachetti 

Le statistiche, per quanto freddi indicatori, raccontano una realtà spietata: il 2024 è già l’anno peggiore degli ultimi trent’anni per suicidi in carcere, superando il record negativo del 2022, quando i casi furono 84. Ma dietro ogni cifra c’è un volto, una storia umana che merita rispetto. Yousef Hamga, 19 anni, Giuseppe Santolieri, 74 anni, Maria Assunta Pulito, 64 anni. Nomi che non possiamo permetterci di dimenticare. Ogni suicidio è un fallimento collettivo, una testimonianza di una sofferenza ignorata e di un sistema penitenziario al collasso. Il deputato Roberto Giachetti (Italia Viva) ha recentemente presentato un’interrogazione parlamentare per fare chiarezza. La sua iniziativa chiede al ministro Nordio di fornire dati esatti, distinguendo tra suicidi, morti per malattia, omicidi e altre cause; aggiornare le serie storiche; e rendere noti i dati sui suicidi tra gli agenti penitenziari, anch’essi vittime di un sistema opprimente. Chiede inoltre interventi strutturali per il sovraffollamento e una revisione del regime detentivo, privilegiando sezioni aperte per ridurre il disagio psicologico.

Il sovraffollamento schizza alle stelle

Il nostro sistema carcerario continua a registrare un'emergenza sempre più critica. Dai dati aggiornati, l'associazione Antigone lancia l'allarme: «Come si può immaginare, in assenza di qualunque misura per fermarla, continua la crescita del numero delle persone detenute in carcere». Al primo dicembre 2024, la popolazione carceraria ha raggiunto quota 62.463 detenuti, con un incremento di 352 unità rispetto al mese precedente. Una situazione drammatica, considerando che la capienza ufficiale degli istituti penitenziari è ferma a 51.165 posti, di cui peraltro 4.502 non risultano nemmeno disponibili.

Il risultato è che c'è un surplus di quasi 16.000 persone oltre la capienza regolamentare, con un tasso di affollamento reale che si attesta al 133,86%, ben oltre ogni soglia di vivibilità. La situazione è particolarmente critica in diversi istituti penitenziari. Spiccano casi emblematici come Milano San Vittore, che registra un tasso di affollamento del 229%, seguito da Brescia Canton Monbello (202%), Grosseto (200%), Foggia (199%), Como (196%), Varese (196%), Campobasso e Taranto (entrambe al 195%). I numeri sono impietosi: su 101 istituti penitenziari, ben 62 presentano un tasso di affollamento superiore al 150%, mentre solo 39 risultano non sovraffollati.

L'evoluzione del sistema penitenziario racconta una storia progressiva di crescente sofferenza e sovraffollamento. Se si osservano i dati del Garante nazionale delle persone private della libertà aggiornati al 2 dicembre, emerge un trend preoccupante che fotografa un peggioramento costante della situazione. Il 30 giugno 2022 segna l'inizio di questo racconto: 54.482 detenuti stipati in spazi che li contengono al 115,36% della loro capacità ricettiva.

Un primo campanello d'allarme che già evidenziava criticità strutturali. Un anno dopo, l'8 giugno 2023, la situazione peggiora: i detenuti salgono a 57.284, con un tasso di affollamento che raggiunge il 120,08%. Ma è il 2 dicembre 2024 a dipingere lo scenario più drammatico: 62.464 persone ristrette in spazi sempre più angusti, con un tasso di sovraffollamento che esplode al 133,86%. Un incremento numerico che racconta molto più di semplici statistiche.

Questo peggioramento si riflette inevitabilmente nelle condizioni di vita all'interno degli istituti penitenziari, traducendosi in un'escalation di «eventi critici» che testimoniano la crescente tensione. L'autolesionismo cresce di 506 casi, sintomo di una sofferenza psicologica sempre più profonda. I ricoveri urgenti in ospedale aumentano di 685 unità, a testimoniare condizioni di salute sempre più precarie.

Le infrazioni disciplinari per inosservanza degli obblighi schizzano a 1.447, segno di un sistema sempre più al limite della sopportazione. Le aggressioni fisiche contro il personale di Polizia Penitenziaria, 375 in più, raccontano di un clima di tensione sempre più esplosivo. Ma i numeri più strazianti riguardano la vita stessa: i suicidi passano da 61 a 79 (in realtà secondo i dati di “Ristretti Orizzonti” e sindacati come la Uilpa siamo a 85), mentre i tentati suicidi esplodono da 1.779 a 1.921.