Due giorni fa l’Associazione Nazionale Magistrati si è affrettata a diramare una breve nota per ribattere in merito alla querelle sollevata dal Giornale su un presunto complotto tra magistratura, stampa, politica contro la sorella della premier Giorgia Meloni. Un ritrovato protagonismo che arriva dopo un silenzio “ostinato” perché nessun comunicato in queste ultime settimane sulla questione carceraria?

Eppure c’è una evidente emergenza, se si pensa al sovraffollamento e ai suicidi negli istituti di pena, tanto è vero che tanti in questi giorni hanno detto la loro per denunciare sia l’inadeguatezza del decreto carceri sia le successive mosse del Ministro Nordio dopo l’approvazione: garanti, avvocatura, associazioni di volontariato, cappellani, partiti di sinistra. Nulla dall’Anm. Il motivo potrebbe risiedere nel fatto che la magistratura associata non abbia una visione unanime su quale risposta suggerire al legislatore per porre fine al dramma che si sta vivendo in carcere in questa infernale e mortale estate.

Chi impedirebbe di prendere una posizione forte e compatta per denunciare la gravità della situazione sarebbe la corrente più conservatrice di Magistratura Indipendente. Basta riprendere le istantanee di questi ultimi mesi. Ad aprile, al termine di un Comitato direttivo centrale, l’Anm aveva approvato una mozione all’unanimità ma molto al ribasso rispetto alle reali esigenze degli istituti di pena e dei reclusi. Il dibattito che l’aveva preceduta aveva fatto emergere la distanza profonda che esiste all’interno della magistratura sul tema.

Da una parte appunto MI, con una visione decisamente carcerocentrica della pena, dall’altra le correnti progressiste, AreaDg e Magistratura Democratica, con una prospettiva volta all’umanizzazione della stessa. Unicost si è attestata nella posizione del mediano. Enrico Infante di Mi aveva detto, e lo si può risentire tutto su Radio Radicale: «già con la Cartabia le sanzioni sostitutive sono ampliate a 4 anni. Ancora dobbiamo ampliare? Il nostro sistema penale si è eccessivamente illanguidito, sbracato dire. Giorgio Marinucci, penalista iscritto a Rifondazione Comunista nel ’ 95, diceva che con l’incremento dell’affidamento in prova e delle sanzioni sostitutive il nostro sistema si è disintegrato. L’efficacia deterrente della pena è venuta meno». Oggi però le statistiche dicono altro sia in Italia che all’estero: meno carcere, meno recidiva.

Stefano Celli di Md poi, parlando della circolare del DAP sulla “media sicurezza”, che ha riportato tutti gli istituti al precedente regime c. d. “chiuso”’ ove i detenuti trascorrono venti ore all’interno di celle sovraffollate, perché le attività trattamentali da svolgere fuori dalle celle non ci sono, aveva detto: «durante il Covid siamo stati in un regime paragonabile agli arresti domiciliari per due mesi e sembrava che ci avessero tagliato una mano, due braccia, due gambe e noi stavamo a casa nostra nel nostro letto, cioè non in quattro in un letto, non in otto in una stanza dove normalmente si sta in due». E dalla platea una esponente di Mi: «ma noi eravamo innocenti».

La stessa Loredana Miccichè, Presidente di Mi, in una intervista a questo giornale a maggio aveva proposto la seguente soluzione: «Vanno costruite in fretta nuove carceri e reperiti locali utili da riconvertire. Riteniamo inoltre che vada valorizzata la rieducazione dei detenuti attraverso il lavoro, coinvolgendo al massimo le associazioni del terzo settore. Le carceri devono fare giustizia e non vendetta. Infine abbiamo proposto un potenziamento dell’assistenza medica, anche sul versante psicologico e psichiatrico».

Invece le correnti progressiste in questi mesi si sono dichiarate a favore dell’amnistia, dell’indulto e della proposta Giachetti/ Nessuno Tocchi Caino sulla liberazione anticipata speciale. Ma lo hanno dovuto fare con singole prese di posizione. Così come si è espresso criticamente più volte il presidente dell’Anm Santalucia. Proprio l’ 11 luglio aveva partecipato alla maratona oratoria organizzata dall’Unione Camere Penali per denunciare lo stallo del Governo rispetto a sovraffollamento, carcere, morti di Stato: «Anche noi abbiamo cercato nel nostro piccolo di rappresentare al ministro la drammaticità aggiungendo la nostra voce a quella dell’avvocatura penale chiedendo interventi importanti ed efficaci nel brevissimo periodo. Avvocatura e magistratura sono fortemente sensibili al tema. La drammaticità dei suicidi è l’attestazione più evidente che bisogna intervenire».

E aveva poi criticato il dl carceri: «ci saremmo aspettati di trovarvi qualche misura che potesse decongestionare il carcere nell’immediato. E invece nulla. Capisco le esigenze securitarie ma dico a chi le porta avanti che non c’è migliore sicurezza della società di un carcere in cui si rispetti la sua missione costituzionale».

Infine all’incontro organizzato da Andrea Pancani, nell’ambito della kermesse Mediterranea organizzata a Sabaudia il primo agosto, sempre Santalucia in un dibattito acceso con il vice ministro Sisto, aveva detto: «Ci furono i suicidi durante Mani Pulite ma oggi ne abbiamo oltre 60 e non credo che siano meno importanti di quelli di allora. Noi insieme all’avvocatura abbiamo chiesto alla politica di intervenire». Bisogna anche specificare che Santalucia non ha mai specificato di parlare a titolo personale e né a seguito delle sue dichiarazioni ci sono state dichiarazioni o interviste di esponenti di Mi per rimarcare la loro diversa posizione. Che sia il sintomo di un cambio di sensibilità che spingerà tutti i gruppi associativi a sottoscrivere un documento per denunciare la situazione? Lo capiremo nel prossimo comitato direttivo centrale che si terrà il 14 e 15 settembre.