PHOTO
Renzi
Non un tentativo di fuggire dal processo. Chi lo dice «mente sapendo di mentire». Ma il tentativo di difendere la Costituzione da chi, come i pm di Firenze, sta «violando l’articolo 68», ferendo non il singolo senatore, ma l’intero Parlamento, «con la pretesa di dire cosa sia un partito» e approfittando della complicità della stampa. È uno show quello di Matteo Renzi al Senato, che si difende attaccando dall’assalto dei pm fiorentini e incassa il sì dell’aula - con 167 e 76 no - alla proposta della relatrice Fiammetta Modena di sollevare un conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato davanti alla Corte costituzionale. Un voto che arriva dopo la denuncia di Renzi contro i pm che lo indagano, presentata nelle scorse settimane a Genova, e dopo la quinta pronuncia della Cassazione sull’illegittimità dei sequestri effettuati nell’ambito dell’inchiesta Open, oggetto della discussione di ieri a Palazzo Madama. Una violazione palese, ha tuonato il leader di Iv, che a passare per eversivo non ci sta, «perché in questo Paese l’impunità non è consentita a nessuno», men che meno ai magistrati. Gli stessi che avrebbero acquisito illegittimamente mail, messaggi e perfino l’estratto conto, dando in pasto alla stampa la sua vita privata. Sequestri, ha evidenziato Modena nella sua relazione, che sarebbero dovuti avvenire solo dopo aver chiesto l’autorizzazione al Senato e che invece sono stati fatti in totale libertà. Che si tratti di atti illegittimi, ha sottolineato Renzi, non è una teoria della difesa o del Parlamento, ma «lo dice la Corte di Cassazione», con cinque sentenze che hanno annullato i provvedimenti della procura di Firenze. Nei cui confronti, ha aggiunto, non è in atto un attacco politico - «si vergogni chi lo pensa» -, ma una battaglia «di civiltà giuridica». «La Cassazione in questo processo ha definito i sequestri effettuati, non sequestri utili a provare un quadro indiziario, ma "un inutile sacrificio di diritti", che arriva a esercitare "una non consentita funzione esplorativa". Chi, come noi, ha una cultura giuridica meno vasta, la chiama pesca a strascico», ha sottolineato. Con l’obiettivo ultimo, secondo il leader di Iv, di «definire le forme della politica». Ed è questo il passaggio fondamentale, in una storia in cui i soldi «sono tutti bonificati» e, dunque, tracciabili. «L'indagine qui è su che cos'è un partito e cosa non è», qualcosa che la magistratura non può fare e che fa venire meno «il concetto di separazione dei poteri e la libertà del Parlamento di definire le modalità democratiche della politica». Con i pm, ha aggiunto, che «si determinano come nuovi segretari organizzativi dei partiti». Ma «fare politica non è reato», ha ribadito, è reato «rubare, l’abuso d’ufficio, non rispettare la Costituzione, violare il segreto istruttorio». Un passaggio Renzi lo ha dedicato anche alla stampa, denunciando la cannibalizzazione clamorosa della sua vita, giunta al culmine con la pubblicazione di una lettera scritta dal padre e priva di valenza penale. Una violenza «che non auguro a nessuno», ma che impone «una riflessione collettiva» sul (e del) mondo dell'informazione e della stampa, «che noi difendiamo fino in fondo ma che è parzialmente corresponsabile, insieme a noi, di quello che è accaduto», perché «le veline di una procura valgono più delle sentenze della Cassazione - ha aggiunto -. Non è pensabile che notizie prive di rilievo penale vengano pubblicate in prima pagina e trafiletti siano destinati e dedicati a ciò che cambia la vita dei processi con le sentenze della Cassazione». Il voto di ieri ha rappresentato non soltanto una prova di forza contro il populismo giudiziario, ma anche un test per la tenuta delle alleanze. E mentre il leader del Pd, Enrico Letta, ha ribadito la sua fedeltà a Giuseppe Conte e al M5S, dall’altro ha deciso di votare a favore del conflitto di attribuzioni, «opzione più rappresentativa per il gruppo» ma opposta a quella dei grillini, sulle cui intenzioni, prima della discussione, aveva fatto chiarezza lo stesso Conte. Il voto «non è contro Renzi o per Renzi: è a favore dei principi del M5s», aveva anticipato, riproponendo il refrain «i politici devono difendersi nei processi non dai processi». Favorevoli alla proposta di Modena, invece, Fratelli d’Italia e Lega, convinti che la Costituzione sia stata violata. «Io che sono anche imputato - ha commentato a distanza Matteo Salvini -, vorrei essere giudicato da un giudice terzo e imparziale. Da Renzi mi separa se non tutto tantissimo, ma non lo combatterò mai a colpi di magistratura».