La Commissione di studio incaricata l’anno scorso dal Ministro Andrea Orlando di predisporre uno “schema di progetto di riforma dell’ordinamento giudiziario” ha concluso ieri, con qualche mese di anticipo, il suo lavoro.Davanti alla sesta commissione del Consiglio superiore della magistratura, l’ex vice presidente Michele Vietti e attuale capo della citata Commissione di studio, in audizione secretata, ha per la prima volta esposto le sue proposte di modifica.Nulla di eclatante. Solo un leggero restyling delle attuali norme primarie e secondarie. In particolare le riforme Castelli del 2006 sull’organizzazione dell’ufficio del pubblico ministero, sulla disciplina dell’accesso in magistratura e sulla temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi.Leggi varate quando il secondo governo Berlusconi era ormai ai titoli di coda. Con la speranza, neppure tanto celata, che, ad esempio per quanto concerne l’organizzazione dell’ufficio del pubblico ministero, “accentrando” il potere nelle mani di una sola persona, si potesse governare meglio l’attività inquirente nel Paese. Speranza vana, come si è visto. Le procure sono in questi anni diventate terreno di scontro fra il capo ed i suoi aggiunti e sostituti. Sul punto, Milano, con la battaglia all’ultimo esposto al Csm fra Bruti Liberati e Robledo, ha fatto storia.Vediamo in concreto, comunque, cosa cambia.Per quanto concerne l’ufficio del pubblico ministero, si prevedono dei “provvedimenti con i quali i procuratori stabiliscono i criteri di organizzazione dell’ufficio”. E anche si puntualizzano “i criteri di assegnazione dei procedimenti ai procuratori aggiunti e ai sostituti”. Mai più, quindi, lotte per i fascicoli fra magistrati o casi in cui la polizia giudiziaria “scelga” il pm preferito con cui lavorare.Oltre a ciò, un rinnovato ruolo di coordinamento e vigilanza da parte del Procuratore generale della Corte di cassazione al fine di “favorire l’adozione di criteri organizzativi omogenei e funzionali dei procuratori della Repubblica”Per l’accesso in magistratura, la Commissione Vietti parte da una constatazione: il concorso in magistratura è ormai il concorso pubblico più gettonato nel Paese. Anche alla luce del fatto che per la magistratura non è in vigore il blocco del turn over che esiste da anni in tutti gli altri settori del pubblico impiego. Mentre si discute se è il caso di indire, addirittura, ulteriori concorsi straordinari per magistrati, l’ultimo concorso per personale amministrativo dei tribunali risale a circa venti anni fa. Per superare le “difficoltà di organizzare prove d’esame con un numero sempre crescente di candidati” e comunque far fronte all’impellente bisogno di magistrati, si modificherà l’esame, attualmente troppo “teorico”, prevedendo una prova pratica costituita dalla redazione di una sentenza. Oltre a ciò si eliminerà il merito nella partecipazione agli stage che garantiscono un accesso diretto alla prove di concorso. Attualmente è necessario avere un voto di laurea non inferiore al 108/110. E per chi vincerà il concorso, infine, il periodo di formazione presso la Scuola della magistratura di Scandicci sarà dimezzato a soli tre mesi.Nota dolente la valutazione di professionalità. Constatato l’appiattimento verso l’alto, quasi tutti i magistrati hanno valutazioni eccelse, in particolare quelli che concorrono per un posto da direttivo, si prevede una nuova valutazione di professionalità dopo la VII da effettuarsi sei anni dopo.Infine la possibilità, in via anticipata rispetto alla scadenza quadriennale, da parte del Csm di un momento valutativo “qualora l’ufficio di appartenenza evidenzi gravi disfunzioni organizzative addebitabili al dirigente”.Uno spauracchio per i capi degli uffici che per i primi quattro anni dormivano sonni tranquilli, consci che nulla e nessuno li avrebbe toccati.