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Il costruttore Luca Parnasi, arrestato lo scorso 13 giugno nell’ambito dell’inchiesta sul nuovo stadio della Roma, resta in carcere. Lo ha deciso il gip Maria Paola Tomaselli che ha respinto la richiesta di scarcerazione presentata dai difensori al termine dell’interrogatorio durato 11 ore. La Procura aveva dato parere favorevole alla concessione dei domiciliari.
Si è limitato a fornire chiarimenti sul suo ruolo di amministratore della Eurnova nella vicenda legata al nuovo stadio della Roma e sui suoi collegamenti con il mondo della politica ma senza offrire nulla di più di quello che non fosse già a conoscenza di inquirenti e investigatori. Per il gip Maria Paola Tomaselli, che in sette pagine di ordinanza ha negato gli arresti domiciliari, il costruttore Parnasi, in carcere ormai dal 13 giugno scorso, ha parlato, anche con spiegazioni molto articolate, di circostanze già note e già provate da chi indaga, limitandosi a confermarle nelle undici ore di interrogatorio sostenuto a Rebibbia con i pubblici ministeri. Insomma, Parnasi non è andato fino in fondo quando avrebbe potuto fare diversamente. E per il gip non gli si può concedere un trattamento di miglior favore ( per l’appunto gli arresti domiciliari, con il via libera della Procura) a fronte del fatto che tanti altri indagati, tra cui molti stretti collaboratori alle sue dipendenze e sui quali Parnasi non ha detto nulla, continuano a stare in cella.
Il gip ha deciso, respingendo le istanze dei difensori presentate dopo l’interrogatorio di martedì, che restano in carcere anche i manager del gruppo Parnasi, Giulio Mangosi ( cugino del costruttore) e Gian Luca Talone ( commercialista), arrestati il 13 giugno scorso.