Lo si sapeva già, ma il decreto carcere voluto dal ministro Nordio che, per sua natura, è emergenziale e quindi finalizzato a risolvere almeno a medio termine l’allarme sovraffollamento e suicidi, non funziona. A pesare sono le parole dell’avvocata Maria Brucale di Nessuno Tocchi Caino, che su Facebook punta il dito sull’inefficacia del decreto, nella parte in cui teoricamente avrebbe dovuto facilitare la liberazione anticipata. In sostanza, delinea uno scenario preoccupante di disomogeneità applicativa e interpretazioni contrastanti.

«Come era prevedibile», afferma Brucale, «il decreto non solo non ha prodotto alcun risultato riguardo al dramma del sovraffollamento e dei suicidi, ma ha determinato un grande caos nella concessione del beneficio». L’avvocata evidenzia come alcune procure si rifiutino di calcolare anticipatamente il fine pena agli ordini di esecuzione in corso, sostenendo che la norma operi solo per l’avvenire. Un’interpretazione che, se confermata, svuoterebbe di senso l’urgenza stessa del decreto. La situazione appare ancor più caotica tra i magistrati di sorveglianza: «C’è chi continua a esprimersi sulle richieste già presentate prima del decreto e chi no; chi anche su quelle presentate dopo e chi no», spiega Brucale. Questa disparità di trattamento mina alla base il principio di uguaglianza di fronte alla legge, creando inaccettabili disparità tra detenuti. Ma è sul regime del 41 bis che la critica di Brucale si fa più aspra: «Sul 41 bis cala il sipario del diritto, come sempre».

L’avvocata denuncia come questi detenuti restino esclusi dai benefici, e gli ergastolani non possano nemmeno ipotizzare l’accesso alla liberazione condizionale. «Restano fuori, come si vuole, come si tentava di fare da un po’», aggiunge con amarezza, «e la Costituzione con i suoi proclami di carta resta a guardare».

La situazione è grave. Il sistema carcerario si trova in una situazione di grave sovraffollamento, con circa 61.000 detenuti che occupano strutture pensate per ospitarne 46.000. Questo surplus di 15.000 persone non solo viola i diritti fondamentali dei detenuti, ma mette anche a dura prova l’intero sistema penitenziario, compromettendo la sicurezza, la salute e le possibilità di riabilitazione. In questo contesto, dove è oggettiva l’inefficacia del decreto Nordio, emerge la proposta innovativa del portavoce della Conferenza dei Garanti territoriali Samuele Ciambriello, che suggerisce un approccio radicale per affrontare il problema. Ciambriello afferma: «Credo che per ogni carcere debba esistere un limite massimo assoluto per il numero di detenuti, al fine di garantire lo standard minimo in termini di spazio abitativo». Questa idea non si limita solo agli aspetti logistici, ma abbraccia una visione più ampia della dignità umana all’interno del sistema carcerario.

Il garante sottolinea che, una volta raggiunto tale limite, le autorità competenti dovrebbero essere obbligate ad adottare misure appropriate per garantire condizioni di detenzione accettabili. Queste non si limiterebbero solo allo spazio abitativo, ma includerebbero anche un adeguato rapporto numerico tra detenuti e agenti di polizia penitenziaria, nonché la presenza sufficiente di personale per l’assistenza sociosanitaria e per l’offerta trattamentale.

L’obiettivo di Ciambriello è chiaro: «Solo così si costringerebbe l’autorità giudiziaria e la politica a rispettare il dettato costituzionale». La proposta mira a creare un meccanismo che obblighi le istituzioni a trovare soluzioni alternative alla detenzione quando le carceri raggiungono la loro capacità massima, in linea con i principi di umanità e rieducazione sanciti dalla Costituzione italiana.

Questa visione non è isolata. Il garante campano fa riferimento a una proposta di legge depositata al Senato della Repubblica nel dicembre 2022, intitolata “Misure alternative alla detenzione in carcere nel caso di inadeguata capienza dell'istituto di pena”. La proposta, che vede come prima firmataria la senatrice Cecilia D’Elia, rappresenta un tentativo concreto di tradurre in legge queste idee innovative. L’articolo 2 della proposta di legge prevede l’adozione di un regolamento, tramite decreto del ministro della Giustizia, che stabilisca il numero di posti letto regolarmente disponibili in ciascun istituto di pena italiano. Questo conteggio non sarebbe arbitrario, ma basato su standard precisi, applicando i criteri vigenti per gli ambienti di vita nelle civili abitazioni, come definiti dal decreto del ministro per la Sanità del 5 luglio 1975.