Nonostante il governo abbia dato chiari segnali su un categorico no a sconti di pena, con il ministro Nordio ribadisce che si tratterebbe di resa da parte dello Stato, oggi a Montecitorio è calendarizzata la proposta di legge sulla liberazione anticipata speciale avanzata dal deputato Roberto Giachetti di Italia Viva e Nessuno Tocchi Caino. Non tutto, quindi, è perduto e la maggioranza, con un atto di umanità e nel contempo di azione preventiva del disastro che potrebbe farci conoscere – in negativo – all’Europa intera, potrebbe votare a favore.

A fondere speranza con sacrificio è Rita Bernardini di Nessuno Tocchi Caino, che ha annunciato lo sciopero totale della fame e della sete a partire da lunedì 24 giugno, il giorno della calendarizzazione. È Spes contra Spem, il testo paolino (Lettera ai Romani, 4,18) utilizzato da Marco Pannella per farsi carnalmente – attraverso il corpo resistente opposto al potere – Speranza viva, Soggetto, contro ogni “cosa” meramente “sperata” e oggettivizzata nel sogno e nella rassegnazione.

A Rita Bernardini ha espresso la sua solidarietà Pietro Pittalis, deputato di Forza Italia, vicepresidente della Commissione Giustizia, che in una nota scrive: «Solidarietà e pieno sostegno a Rita Bernardini, che ha deciso di intraprendere un coraggioso sciopero della fame per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla situazione delle carceri. Sosteniamo questa battaglia, consapevoli dell'importanza di tutelare i diritti fondamentali e la dignità di tutti i detenuti. Pur essendo convinti infatti che chi ha commesso reati, soprattutto gravi, debba espiare la propria pena, crediamo fermamente che tale espiazione debba avvenire in condizioni che rispettino i diritti umani». Pittalis sottolinea come «il sovraffollamento delle carceri e le condizioni igienico-sanitarie spesso inadeguate rappresentano una ferita aperta per il nostro sistema giudiziario e per la nostra società. Noi faremo la nostra parte, assumendo tutte le iniziative necessarie per raggiungere l'obiettivo di un sistema carcerario più umano e giusto, affinché le carceri siano luoghi di vera rieducazione e non di mera punizione. Un sistema giuridico equo non può prescindere da un trattamento rispettoso e umano dei detenuti».

E i detenuti e gli agenti stessi della polizia penitenziaria hanno bisogno di speranza e si solidarietà da parte di tutti. I numeri sono spietati. A metà anno, siamo già giunti a 45 suicidi dietro le sbarre. Un numero, se confrontato con lo stesso periodo degli scorsi anni, è un macabro record assoluto. Il sovraffollamento comincia ad avvicinarsi al livello che fece scattare la sentenza pilota Torreggiani della Corte Europea dei diritti umani. In tutta Italia, secondo gli ultimi dati del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap) diffusi dal ministero della Giustizia, il numero di detenuti presenti alla data del 31 maggio 2024 risulta pari a 61.547: sono cresciuti di 1.381 unità dall'inizio dell'anno (+2,3%). Lo stesso Garante nazionale per le persone private della libertà personale ha diffuso i dati sulla popolazione penintenziaria e uno studio, aggiornato al 20 giugno 2024, dei suicidi negli istituti penitenziari, con il sovraffollamento che, a livello nazionale, è del 130,59% e che raggiunge il suo apice del 230% al San Vittore. Un trend confermato anche dallo studio Istat “Noi Italia - 100 statistiche per capire il Paese”, secondo il quale alla fine del 2023 i detenuti presenti nelle strutture penitenziarie per adulti erano oltre 60mila, aumentati del 7,1% rispetto all'anno precedente.

A “Coffee Break” su La7 il viceministro della Giustizia e senatore di Forza Italia, Francesco Paolo Sisto ha ribadito la posizione del governo: «Quello sulle carceri è un provvedimento delicato. Dobbiamo intervenire per cercare di risolvere una situazione drammatica e serve una riflessione approfondita. L’obiettivo è quello della responsabile umanizzazione del sistema carcerario. Pur tenendo nel debito conto la funzione retributiva della pena, dobbiamo evitare che il carcere peggiori la situazione psicofisica di chi ci entra. L’articolo 27 della Costituzione puntualizza che le pene devono tendere alla rieducazione, sancendo l’obbligo da parte dello Stato di creare un sistema che costantemente abbia questo obiettivo. Dall’altra parte, c’è la necessità, parimenti decisiva, che il detenuto aderisca al percorso di rieducazione tracciato. Affinché questo si realizzi, il carcere non deve essere più il centro esclusivo dell’esecuzione della pena. Anche il giudice deve abituarsi a non considerare più le sbarre come unico punto di riferimento, valorizzando le pene sostitutive e le misure alternative, la giustizia riparativa e l’esecuzione penale esterna». Il viceministro Sisto ha aggiunto che «il provvedimento si occuperà anche di semplificare le procedure per la liberazione anticipata, un punto su cui stiamo ancora discutendo. C’è una proposta di incremento dei giorni per la liberazione anticipata, e su questo è in corso un confronto interno alla maggioranza. Si ragiona poi sull’aumento dei contatti, soprattutto telefonici, con i familiari e sulla ulteriore semplificazione delle procedure: il giudice di sorveglianza potrà decidere su talune misure anche senza il collegio. In generale, io ritengo che il futuro del carcere, con paradosso solo apparente, è fuori dal carcere e passa per la formazione e il reinserimento lavorativo».

Le problematiche sono chiare. La proposta di legge sulla liberazione anticipata speciale può incidere sul sovraffollamento, allentare la tensione ed è un supporto anche per gli agenti stessi che, e lo si vede dai vari comunicati dei sindacati di polizia, sono allo stremo. Ribadiamo che non è un indulto come alcuni organi della stampa e taluni magistrati hanno detto. L’indulto è una misura di clemenza rivolta a tutti, a prescindere dal comportamento tenuto dal detenuto. La liberazione anticipata (sia normale che speciale) è uno strumento collegato alla verifica delle modalità con le quali il detenuto si è comportato durante il periodo di detenzione e nel caso in cui abbia effettivamente dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione. La proposta di legge presentata da Roberto Giachetti di Italia Viva è innanzitutto una sorta di imperativo morale, in considerazione delle condizioni irrispettose della dignità umana nelle quali il sovraffollamento costringe migliaia di detenuti nei nostri istituti penitenziari, dove abbiamo raggiunto un numero esorbitante di suicidi in pochissimi mesi. Tale proposta è anche un obbligo costituzionale: gli articoli 2 e 27 della Costituzione impongono la tutela inderogabile della dignità dell'uomo, anche quando privato della libertà personale. Per finire, si tratta di un atto politicamente necessario per la condizione che altrimenti il nostro Paese verrebbe ad assumere sul piano internazionale; ed è un atto quanto mai opportuno anche dal punto di vista economico, in considerazione dei costi che altrimenti si dovrebbero affrontare.