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carceri
Chiudono le scuole, limitano i movimenti dei cittadini e, ogni tanto, li "confinano" - ci confinano - nelle cosiddette zone rosse. Va bene, ci stiamo, c'è un'emergenza sanitaria serissima. C'è un virus sconosciuto e ancora imprevedibile che minaccia la nostra salute, il nostro sistema sanitario e la nostra tenuta sociale ed economica. E poi non siamo negli anni ‘70: il “Fattore K” che bloccava la democrazia italiana è un lontano ricordo. Insomma, il termine “emergenza” non evoca nessun golpe, nessun arretramento permanente delle libertà. Detto questo va però segnalata un’altra emergenza che il governo dovrebbe affrontare con la stessa determinazione: è l’emergenza carceri. Quello carcerario è infatti un sistema che rischia di collassare da un momento all’altro e che, come denunciano da settimane tutti gli operatori che negli istituti penitenziari italiani lavorano e “vivono”, rappresenta una vera e propria bomba pronta a esplodere. Ci sono 61mila persone esposte più delle altre e ospiti in strutture del tutto prive di un'assistenza sanitaria adeguata ad affrontare un'emergenza esplosiva come quella rappresentata dal Coronavirus. Mancano luoghi di isolamento e contenimento e le uniche misure di sicurezza messe in campo sono quelle che limitano ancora di più la libertà dei detenuti: meno incontri con i familiari, meno socialità, meno umanità. E allora nel dibattito pubblico italiano dovrebbe tornare ad affacciarsi una parola dimenticata, sepolta dalla narrazione manettara degli ultimi 10 anni: amnistia. Lo ha fatto addirittura l'Iran che solo qualche giorno fa ha deciso di mettere in libertà 54mila persone. Perché allora non proporre un'amnistia anche qui da noi? L'amnistia potrebbe risolvere almeno due emergenze: quella sanitaria, legata al nuovo Coronavirus, che in carcere rischia di dilagare; e quella che da anni pone l’Italia in uno stato di illegalità: quante volte la Corte europea dei diritti dell’uomo e l’Ue stessa hanno parlato delle carceri italiane come avamposto dell’inciviltà e dell’illegalità? Il sovraffollamento, le condizioni igienico-sanitarie, la quasi totale assenza di programmi di recupero per detenuti - così come previsti dalla nostra Costituzione - fanno delle nostre carceri dei luoghi in cui i diritti e le garanzie vengono calpestati quotidianamente. Amnistia non è una brutta parola né sinonimo di inciviltà, come pensa qualcuno. Soprattutto in tempi di Coronavirus.