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Un collegamento tra la carenza di personale e il rischio di utilizzo della contenzione. Questo è ciò che emerso dalle visite del Garante nazionale delle persone private della libertà ai servizi psichiatrici di diagnosi e cura (Spdc). In particolare ha reso pubblico il rapporto sull’Spdc di Colleferro, in provincia di Roma. Trattandosi della sua prima visita in un Spdc, il Garante nazionale ha deciso, contrariamente alla propria prassi, di comunicare preventivamente il proprio arrivo alla Direzione della struttura.
Nel corso della visita la struttura è apparsa adatta alla sua funzione dal punto di vista degli ambienti e degli arredi e gli operatori sanitari hanno prestato la massima collaborazione. Tuttavia, sia il personale medico che quello infermieristico, sono risultati sotto organico. A questo proposito, il Garante nazionale nota che nel corso delle visite finora effettuate ha riscontrato un collegamento fra la carenza di personale e il rischio di utilizzo della contenzione.
Il Garante ribadisce quello che ha evidenziato nelle Relazioni al Parlamento 2018 e 2019, e cioè che la contenzione non deve essere mai considerata come un atto medico trattamentale e deve essere utilizzata sempre come extrema ratio. Per quanto riguarda il servizio di Collefferro, nel giorno della visita, lo staff impiegato nel reparto era di numero inferiore a quello previsto nella pianta organica del servizio. Nel rapporto si legge, infatti, che erano previsti 8 medici (di quali uno assente per maternità), 1 psicologo, 15 infermieri, 1 caposala, 2 operatori socio sanitari a fronte di una pianta organica di 9 medici, 2 psicologi, 20 infermieri, 1 assistente sociale, 4 operatori socio sanitari, 4 terapisti di riabilitazione.
Nel rapporto, quindi, il Garante sottolinea che «non può non evidenziarsi che l’adeguamento numerico del personale rispetto agli ospiti delle strutture residenziali è uno degli elementi necessari per garantire in pieno la sostenibilità del lavoro nelle sue molteplici sfaccettature (gestione, cura e riabilitazione del paziente, turnazione del personale)». Per questo si evidenzia che «l’insufficienza numerica del personale è, del resto, una delle situazioni che espongono l’Amministrazione al rischio di: a) insorgenza della sindrome di burnout negli operatori sovraccaricati di lavoro, b) aumento delle probabilità che si verifichino incidenti sul lavoro, c) aumento del rischio di configurazione di situazioni di restrizione della libertà de facto per il paziente».
Inoltre, in talune situazioni il Garante ha osservato una correlazione tra l’insufficienza di personale e il ricorso a forme, più o meno prolungate, di contenzione meccanica o farmacologica. Una situazione che il Garante stigmatizza, ritenendo importante sottolineare che «il ricorso alla contenzione quale forma suppletiva di difficoltà di applicazione del personale è inaccettabile e altresì rammentare che la contenzione non può essere mai proposta come atto medico trattamentale».
Fra le raccomandazioni contenute nel Rapporto, la necessità di fornire informazioni esaurienti alle persone ricoverate e ai loro parenti, in merito al significato dei Tso, i trattamenti sanitari obbligatori, e alle regole della struttura, possibilmente da formalizzare tramite un atto amministrativo. Questo perché la conoscenza delle regole e la possibilità di avere certezze su cosa sia permesso e cosa sia proibito nella propria quotidianità è uno dei diritti fondamentali di ogni persona che vive, anche per un breve periodo di tempo, in una struttura residenziale.
Da ricordare che l’attenzione alle condizioni delle persone sottoposte a trattamento contro la propria volontà fa parte del mandato istituzionale del Garante Nazionale delle persone private della libertà, compresi i Garanti regionali. Tuttavia è rimasto un ambito ancora troppo in ombra, e anche poco conosciuto rispetto al mandato principale di controllo delle condizioni dei detenuti nelle carceri.