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Dai bracciali per immobilizzare polsi e caviglie, alle fasce addominali per bloccare al letto o alla carrozzina, alle fasce pelviche, ai corsetti con bretelle o con cintura pelvica; ai tavolini per carrozzina, a vari tipi di camicie, come i “fantasmini”, che si indossano come una maglia lasciando libere braccia e mani ma impedendo alla persona di alzarsi dal letto. Parliamo della contenzione degli anziani. Molto si è dibattuto – anche se non basta mai - sull’utilizzo eccessivo della contenzione per i pazienti psichiatrici, poco però per gli anziani. Oltre alla contenzione meccanica, esiste - spesso in aggiunta - anche quella farmacologica. Si parla di quest’ultima quando i farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale sono finalizzati a limitare o annullare la capacità motoria e di interazione dell’individuo. Si tratta spesso di farmaci sedativi, antidepressivi e antipsicotici, che, in dosi eccessive, hanno numerosi effetti collaterali, quali sopore, confusione, agitazione. L’uso della contenzione è aggravato dallo stato di fragilità delle persone anziane.
All’aumento di aspettativa di vita non corrisponde ancora un miglioramento della qualità della stessa, e la gran parte degli anziani negli ultimi 3/ 5 anni di vita è affetta da malattie invalidanti e demenze senili: sono questi i soggetti più colpiti dalla contenzione. Il fenomeno però è sommerso e i dati sono molto scarsi, poiché in Italia sono ancora pochi gli studi che analizzano la complessità del fenomeno anche da una prospettiva etica e deontologica. I primi a fare i conti, anche dal punto di vista umano, sono gli operatori sanitari. Solo nel 2010 c’è stato uno studio, in Lombardia, condotto dai tre collegi della Federazione nazionale degli ordini degli infermieri Ipasvi di Aosta, Brescia e Milano- Lodi- Monza e Brianza, dal quale era emersa una prevalenza della contenzione fisica del 15,8% su 2.808 degenti nelle unità di chirurgia, geriatria, medicina, ortopedia e terapia intensiva e del 68,7% su 6.690 residenti nelle Rsa, le residenze sanitarie assistenziali. Lo studio qualitativo ha dato voce agli infermieri sulle convinzioni, anche da una prospettiva etica e deontologica, sui fattori ostacolanti e soprattutto quelli che favorirebbero una riduzione di tale pratica. Gli intervistati hanno riportato una varietà di emozioni associate all’uso della contenzione fisica, spesso ambivalenti e contrastanti, espresse nei confronti di diversi soggetti ( familiari, altri operatori e responsabili istituzionali), tra cui: la rabbia, la pena, l’angoscia, la tristezza, l’imbarazzo, il sollievo/ tranquillità, la sensazione di prevaricazione, il senso di impotenza, il fallimento e la soddisfazione. L’immedesimazione con il paziente contenuto è il sentimento più forte e più frequentemente citato, anche in termini di proiezione futura di sé. Per il processo decisionale, ricordiamo, l’infermiere assume un ruolo strategico all’interno dell’equipe assistenziale, soprattutto per la posizione di garanzia che ha nei confronti dei cittadini.
La contenzione degli anziani è una privazione della libertà, proprio per questo l’autorità del Garante nazionale delle persone private della libertà ha da tempo avviato un monitoraggio e delle visite a residenze per persone con disabilità o anziani ove si possa configurare il rischio di privazione della libertà, appunto, de facto. Un monitoraggio non facile visto le tipologie di residenze diffuse su tutto il territorio. «Tale capillarità – si legge nell’ultimo rapporto del Garante - unita a un’articolazione regionalizzata del sistema socio- sanitario, con quel che consegue in termini di differenti normative tra una Regione e l’altra, suggeriscono l’utilità d’un lavoro di rete che coinvolga i Garanti territoriali».