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Luca Palamara
«Le operazioni di intercettazione a mezzo trojan hanno subito alcune modifiche e non sono avvenute secondo le modalità che ha qui dichiarato l’ingegner Bianchi quando fu ascoltato nell’ambito del processo al dottor Palamara». Le parole pronunciate dal sostituto procuratore generale Simone Perelli durante l’udienza disciplinare a carico di Cosimo Ferri suonano come una vera e propria bomba. Perché per la prima volta certificano che quelle che nel corso del procedimento a carico dell’ex presidente dell’Anm Luca Palamara erano state bollate come «illazioni» dal Csm tali non sono, rappresentando piuttosto un dubbio fondato che potrebbe mettere in discussione la radiazione dell’ex ras delle nomine, ma anche decine e decine di processi. Ed è per questo motivo che il pg ha chiesto un rinvio del procedimento disciplinare di Ferri, in attesa degli esiti delle ispezioni disposte dalle procure di Firenze e Napoli sugli impianti utilizzati per le prestazioni di queste intercettazioni sul server «occulto» di Napoli. La scoperta avviene grazie ai dubbi sollevati dalla difesa di Palamara, che nel corso del disciplinare davanti al Csm ha riferito della possibile presenza di server intermedi tra il telefono del pm e il server della procura di Roma autorizzato a registrare i dati e trasmetterli alla sala di ascolto della Guardia di Finanza. La sezione disciplinare convoca dunque l’ingegnere Duilio Bianchi, uno dei rappresentanti della Rcs, ovvero la società che ha fornito il trojan, che il 30 settembre nega la presenza di qualsiasi server intermedio. Palamara viene dunque radiato e i dubbi espressi dalla difesa bollati come illazioni. Ma la difesa di Ferri, rappresentata dall’avvocato Antonio Paolo Panella, si rivolge a due super consulenti tecnici: l’ingegnere elettronico Paolo Reale, presidente dell’Osservatorio nazionale di informatica forense, e il dottor Fabio Milana, perito del Tribunale di Roma. I due scoprono che nella copia forense della Finanza non sono stati copiati i dati che identificano il server al quale il telefono di Palamara ha trasmesso i suoi segreti. Da qui la richiesta di “copiare” i dati del telefono dell’ex capo dell’Anm, dal quale però il trojan è già stato cancellato. Una sorta di vicolo cieco, fino a quando Milana non tira fuori dal cappello un altro procedimento nel quale è consulente e per il quale viene utilizzato lo stesso trojan di Rcs nello stesso periodo di tempo. Da quel telefono si riesce risalire all’ip del server, che straordinariamente non si trova a Roma, ma a Napoli, nel centro direzionale. Per scoprire se anche i dati di Palamara siano finiti a Napoli, Ferri presenta un esposto alla procura partenopea, trasmesso per competenza a Perugia e da lì a Firenze, competente per i reati a danni dei pm di Perugia. Ed è lì che Bianchi - a cui vengono contestati la falsa testimonianza davanti al Csm, la frode in pubbliche forniture e il falso ideologico per induzione in errore dei magistrati di Perugia - ammette che i dati del telefono di Palamara sono finiti a due server a Napoli collocati nei locali della Procura di Repubblica, che ora ha revocato qualsiasi incarico a Rcs. Ma non solo: quei due server avrebbero ricevuto i dati delle procure di tutta Italia. La procura di Firenze e quella di Napoli, ora, hanno aperto due procedimenti penali a carico di noti e stanno svolgendo indagini collegate tramite un reparto speciale della polizia postale - il nucleo che si occupa della protezione delle infrastrutture critiche del Paese - per cercare di capire cosa è successo. «Reale sostiene che i server di Napoli, ovunque fossero localizzati, non erano server di transito. E questo spiegherebbe tutto - spiega al Dubbio Panella -, perché in quella fase ai dati non criptati che arrivavano a Napoli potevano avere accesso gli amministratori di sistema di Rcs. Ciò significa che, potenzialmente, poteva accadere di tutto e ciò è assolutamente allarmante e costituisce, a mio parere, un pericolo per la democrazia di questo Paese».