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«Denunceremo i giudici che ci negano il diritto all’astensione». Il no dei Tribunali allo sciopero indetto dall’Organismo congressuale forense apre una nuova crepa tra magistratura e avvocatura. Tanto grande da spingere il presidente dell’Ocf, Giovanni Malinconico, a passare alle maniere forti, minacciando azioni legali nei confronti delle toghe pur di «tutelare i diritti degli avvocati».
A far scoppiare la polemica è la nota inviata a magistrati togati e onorari con la quale la presidente del Tribunale di Firenze ha sminuito le ragioni dell’astensione degli avvocati, disponendo il rigetto delle richieste di adesione allo sciopero. E sulla scia di Firenze, diversi Tribunali in Italia hanno deciso di opporsi alla sospensione, disponendo la celebrazione delle udienze. «Allo stato le attività giudiziarie del distretto proseguono regolarmente», ha sottolineato la presidente Marcella Rizzo, secondo cui «l'astensione proclamata da Ocf non appare costituire un motivo legittimante gli avvocati a disertare le udienze», in quanto non sussisterebbero «gravi eventi lesivi dell'incolumità e della sicurezza dei lavoratori». Da qui la protesta di Malinconico, pronto a tutelare i diritti degli avvocati sia davanti alla Commissione di Garanzia per l’esercizio del diritto di sciopero, «che nulla ha contestato al riguardo», sia in tutte le altre sedi «in ordine a eventuali reati in violazione delle prescrizioni della Presidenza del Consiglio sui corretti comportamenti da tenere per evitare la diffusione del contagio». L’attacco di Malinconico è durissimo: di fronte ad «eventi gravissimi e purtroppo epocali» qualcuno «si permette di sindacare la gravità della situazione, spiegando che non ci sono rischi per la sicurezza, mentre notizie di quarantene e contagi si rincorrono nei palazzi di giustizia. Per tutti questi signori giudici – ha aggiunto – l’invito è di frenare la propria l’autoreferenzialità e magari leggere un giornale o guardare un tg ed eventualmente fare un giro nelle città svuotate». Il presidente dell’Ocf ha denunciato anche la lesione dell’autonomia dei singoli giudici, nonché un’invasione di campo rispetto alla Commissione di Garanzia, «unica autorità deputata a decidere». L’astensione, della durata di 15 giorni, è ufficialmente iniziata ieri, preso atto che per il mondo della Giustizia le misure adottate si sono rivelate «assolutamente non adeguate a ridurre ragionevolmente il rischio di contagio in relazione alle specifiche modalità di interazione che connotano le attività giudiziarie». Sono diversi, infatti, gli avvocati e i magistrati ormai contagiati, senza contare che lo «stato degli edifici in cui viene esercitata l’attività giudiziaria», la cui inadeguatezza non consentirebbe «un pur minimo controllo igienico- sanitario». E di fronte alle richieste avanzate dagli avvocati di tutto il territorio, ha aggiunto Malinconico, nulla è stato fatto. E a ciò si aggiunge anche il niet di molti giudici, decisi ad andare avanti ad oltranza. Come a Firenze, anche a Grosseto il giudice monocratico si è rifiutato di accogliere l’istanza di astensione, obbligando, dunque, a celebrare le udienze. CIò in virtù dei pochi casi registrati in zona, motivo per cui «non si ravvisano ragioni per ritenere che vi sarà un particolare affollamento di persone, con conseguente rischio di contagio». Diversa, invece, la scelta a Venezia, che ha lasciato la questione in mano al Comitato di Garanzia, nonché a Napoli, dove il presidente della Corte d’Assise ha disposto la sospensione del processo sulla strage dei Vastarella alla Sanità, stabilendo che «il diritto alla salute prevale anche sull’orientamento della Corte Costituzionale», che vieta l’astensione in processi con imputati detenuti. A Bari, infine, l’astensione ha fatto saltare molte udienze al palagiustizia che si trova nella sede dell’ex Telecom, dove vista la ristrettezza degli spazi è quasi impossibile rispettare le norme minime per evitare il contagio.