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Un giornale, all’indomani degli arresti per i fatti dei presunti pestaggi di Santa Maria Capua Vetere, ha pubblicato in prima pagina le foto degli agenti e funzionari della polizia penitenziaria raggiunti dalle misure cautelari. Una vera e propria gogna pubblica che il Garante nazionale delle persone private della libertà ha prontamente stigmatizzato. Il Garante, infatti, tramite un comunicato stampa, fa sapere di ritenere inaccettabile l’esposizione cui sono state sottoposte le persone sotto indagine per le presunte violenze nell’Istituto di Santa Maria Capua Vetere, con la pubblicazione in prima pagina delle fotografie di decine di loro all’indomani della disposizione delle misure cautelari. Il Garante: «C'è il rischio di esarcebare il clima negli Istituti» Una esibizione – prosegue il comunicato - che nulla aggiunge all’informazione sull’indagine in corso e che rischia di esacerbare il clima negli Istituti, alimentando tensioni e mettendo oltretutto a rischio di ritorsione coloro che operano quotidianamente in carcere. Il Garante nazionale, nel contempo spiega che segue con attenzione l’indagine sin dai suoi primi sviluppi, nella convinzione della necessità di perseguire chi offende con i propri comportamenti la divisa che indossa. Ed è certo che i media sapranno raccontare la vicenda, offrendo una informazione completa e rispettosa di tutti, anche di chi è oggetto di indagine da parte delle Procure. Come già riportato, il ministero della Giustizia ha fatto sapere che segue con “preoccupazione” gli sviluppi dell’inchiesta di Santa Maria Capua Vetere, che ha portato a numerose misure cautelari. «La ministra Marta Cartabia, e i vertici del Dap – ha sottolineato la nota di via Arenula – rinnovano la fiducia nel corpo della Polizia Penitenziaria, restando in attesa di un pronto accertamento dei gravi fatti contestati». L'equilibrio della ministra Cartabia La guardasigilli ha mostrato equilibrio, da una parte rinnova la fiducia del corpo della polizia penitenziaria, dall’altra segue con preoccupazione gli sviluppi di questa inchiesta. L'ex ministro Bonafede parlò all'epoca di «una doverosa azione di ripristino della legalità» Ma non è stato così con il ministro precedente Alfonso Bonafede. Ricordiamo che, in risposta all’interrogazione del deputato di +Europa Riccardo Magi, disse testualmente: «Il giorno seguente, ovvero il 6 aprile 2020, è stata disposta l'esecuzione di una perquisizione straordinaria all'interno del reparto “Nilo”. Si è trattato di una doverosa azione di ripristino di legalità e agibilità dell'intero reparto, alla quale ha concorso, oltre che il personale dell'istituto, anche un'aliquota di personale del gruppo di supporto agli interventi». Ebbene sì, per l’allora ministro Bonafede quell’irruzione da parte degli agenti fu «una doverosa azione di ripristino della legalità». Forse avrebbe dovuto, come suo dovere, accertare i fatti. Magari qualche giorno dopo il 6 aprile 2020, quando Il Dubbio e qualche giornale locale, avevano riportato le testimonianze di chi avrebbe subito i pestaggi con tanto di foto. Non solo. C’erano anche i video che l’allora Dap poteva visionare subito, invece di attendere l’autorità giudiziaria.