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innocenza
A leggere i giornali sembra che il dottor Gratteri sia molto arrabbiato perché non vuole la riforma Cartabia che metterebbe dei tempi certi, e secondo alcuni ragionevoli, al processo penale. Si può essere d’accordo o meno con la Cartabia ma è indubbio che ci troviamo dinanzi ad una eminente studiosa di diritto che ha ricoperto con onore e competenza il ruolo di presidente della Corte Costituzionale. Insomma non è un fenomeno mediatico ma una studiosa vera anche se di idee moderate. Sembra che tra i suoi punti di riferimento occupino un posto di rilievo i valori Cristiani ed i principi costituzionali. Non una “sovversiva” ma neanche una “rivoluzionaria” o un’anarchica ma una ministra di idee liberali che guarda con attenzione a come funziona la giustizia in Europa e nel mondo. Insomma, non è Bonafede! Ognuno può avere mille riserve sulla “riforma Cartabia” ma leggere sui giornali che “Gratteri è un fiume in piena”, “furioso” , promette “fuoco e fiamme” contro la riforma è una anomalia ( si fa per dire) tutta italiana. Intanto perché Gratteri è un dirigente di un ufficio periferico dello Stato, di una delle tante procure che ci sono in Italia . In quanto tale è chiamato ad applicare le leggi non a farle. Questo, e solo questo, sarebbe il suo compito. Quando i ruoli si sovrappongono succedono disastri. Per esempio , il dottor Gratteri è preoccupato che oberati dal lavoro i giudici , dopo la riforma Cartabia, potrebbero ess costretti a dichiarare l’improcedibilità in molti processi importanti. Se ciò fosse vero il governo ed il Parlamento avrebbero il dovere di coniugare la giusta durata del processo con le esigenze di giustizia. Ma le modifiche spettano al governo, al ministro, al Parlamento. Invece una classe politica indecorosa ed inesistente ha chiamato in soccorso le truppe cammellate dei P. M. di assalto che si sono assunti l’onere di “smontare la riforma come un lego”. Gratteri, acclamato dai grillini come salvatore della patria, è stata la punta di diamante. Ed ha questo punto bisogna salvare Gratteri da se stesso altrimenti finisce col credere veramente alle cose che dice. Proviamo a farlo con un esempio. In passato il dottor Gratteri, da PM, in una delle sue tante inchieste, ha chiesto il rinvio a giudizio di circa cinquecento persone. Nessuno si era appropriato di nulla ma ogni indiziato era accusato, in quanto pubblico amministratore, di non aver ben gestito una cifra di circa quindici euro a testa. Il fascicolo, era una specie di volume Treccani solo per contenere le generalità di ogni indiziato. Il GUP ha assolto tutti, nessuno escluso. E la procura non ha fatto appello. Quanto lavoro hanno fatto gli agenti di polizia giudiziaria? Quanto la procura? Quanto gli uffici del Giudice per le indagini preliminare per esaminare la posizione di cinquecento persone? E quanto è costato allo Stato? Con una spesa media di cinquemila euro per ogni indiziato, successivamente assolto, si arriva a quasi tre milioni di euro. Tempo e fondi sottratti alla Giustizia!Un processo così ha causato più prescrizioni di mille riforme Cartabia. Non ha portato giustizia ma ha conquistato le prime pagine. E la vicenda Cesa, il segretario nazionale dell’UDC coinvolto in una vicenda di mafia? E la messa in stato di accusa di un ex presidente della Giunta regionale calabrese confinato in Sila come ai tempi del fascismo, rinviato a giudizio e poi completamente scagionato perché – secondo la Cassazione-vittima “d’un pregiudizio accusatorio” della procura di Catanzaro? Quanto lavoro è costato agli uffici giudiziari e quante spese a carico della pubblica amministrazione? Cosa sono più perniciosi all’impunità dei colpevoli le riforme o le avventure giudiziarie che portano notorietà ma non Giustizia? Cosa propone Gratteri? Lo ha detto chiaramente ieri alla Commissione Giustizia della Camera e nessuno ha avuto nulla da obiettare: un ritorno a prima del 1986. Quindi un ritorno ad un periodo in cui i reati erano molti di più che oggi, mafia e ndrangheta non trovavano argini nei “loro” territori. Nelle carceri dominava incontrastata la criminalità organizzata. Però durante quella che Gratteri considera “l’età dell’oro della giustizia” il potere dei PM era ancora maggiore perché non c’era neanche il filtro del GIP, e neppure la debole tutela del Tribunale della Libertà. Si registrava solo la crescita esponenziale della criminalità organizzata. Ma questo, secondo Gratteri, è roba di poco conto. Concludiamo: una stampa prona ed una politica inginocchiata non fanno certamente bene alla Giustizia ma neanche allo stesso Gratteri che sempre più viene risucchiato nel “personaggio” creato per fini contrari alla Giustizia. Avvertirlo può voler dire salvarlo.