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Il 16 febbraio alle ore 13 si svolgerà a Roma ( al Cinema Adriano, in piazza Cavour) la manifestazione nazionale indetta dall’Organismo Congressuale Forense, per la “Giornata della dignità e dell’orgoglio dell’avvocatura e della salvaguardia delle tutele”. L’iniziativa, cui prendono parte anche il Cnf e le associazioni forensi, punta a creare un dialogo in materia di diritti e giustizia con i partiti politici. «Chiediamo il coinvolgimento dell’avvocatura nei processi decisionali in materia di giustizia e lo facciamo sottoponendo ai candidati politici alcuni punti programmatici, chiedendone l’inserimento nei rispettivi programmi», ha spiegato il presidente di Ocf, Antonio Rosa.
Presidente, perchè Ocf ha convocato la manifestazione del 16 febbraio?
L’obiettivo è di sollecitare la politica ad un modus operandi che preveda una costante e preventiva interlocuzione con l’avvocatura, in merito a tutte le leggi che riguardano la giustizia, la professione.
Chiedete maggior attenzione, quindi?
Sì, perchè le nostrew sono proposte tecniche, che tendono alla salvaguardia della Costituzione, al rispetto delle regole e alla difesa dei diritti, soprattutto quelli dei cittadini più deboli. Noi avanziamo proposte concrete e percorribili.
E chi ha accettato l’invito alla manifestazione?
Sicuramente parteciperanno il sottosegretario alla Giustizia, Gennaro Migliore; Franco Vazio del Pd, Maurizio Gasparri di Forza Italia, Daniele Piva del Movimento 5 Stelle, Michele Sarno di Fratelli d’Italia, Nico D’Ascola di Civica Popolare e Antonio Marotta di Noi per l’Italia.
E quali temi proporrete alla politica?
Anzitutto la proposta, che portiamo avanti al fianco del Cnf, di introdurre in Costituzione il principio dell’autonomia e indipendenza dell’avvocatura. Poi analizzeremo questioni come quella, molto sentita dalla categoria, del riordino della geogra- fia giudiziaria: la politica che tende ad accentrare le competenze verso i tribunali delle sedi distrettuali, ma è una strada che danneggia i territori e la loro economia, allontanando i servizi senza portare ad alcun vantaggio.
In materia civile, all’ordine del giorno c’è anche la discussione sulla riforma del rito.
Sì, l’avvocatura è contraria per ragioni tecniche alla sommarizzazione del rito civile, che così rischierebbe di diventare un processo senza regole, lasciato all’arbitrio del giudice. Una scelta lontana dalla nostra storia processuale e soprattutto inutile ai fini dell’accelerazione dei tempi. Su questo tema abbiamo avuto punti in comune anche con la magistratura, contraria come noi alla sommarizzazione.
Sul fronte penale, invece?
Discuteremo di separazione delle carriere in magistratura, ma anche di come si stia andando verso un’esasperazione delle misure di prevenzione, nelle quali non ci sono prove, ma solo indizi e presunzioni.
E crede di trovare l’attenzione della politica?
Ripartiamo dall’esperienza del ministro Andrea Orlando che, a differenza dei suoi predecessori, ha aperto il dialogo con l’avvocatura. In questa legislatura c’è stato un buon dialogo anche con le commissioni Giustizia di Camera e Senato. Confidiamo, in futuro, che tutto questo continui e anzi aumenti: puntiamo a far sì che la politica presti attenzione e valuti concretamente le nostre proposte.
E la magistratura può giocare un ruolo?
Nell’ambito di un dialogo tecnico, la magistratura è certamente un soggetto centrale con cui l’avvocatura deve avere un confronto aperto, cosa che comunque già avviene. Ho già ricordato il caso della sommarizzazione del rito civile: in quel caso avvocati e magistrati si sono mossi nella stessa direzione, sposando posizioni affini, e lo stesso può accadere anche per altre questioni.
L’avvocatura come ha accolto l’inziativa di manifestazione?
C’è stata una buona adesione. Io però punto molto anche sulle manifestazioni nei territori. L’attività politica dell’avvocatura deve riferirsi non solo ai ministeri e al governo, ma deve rivolgersi anche e soprattutto ai parlamentari. In questo i presidenti e i Consigli degli Ordini hanno un ruolo determinante e decisivo.