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Il colloquio notturno del 21 maggio con il collega di Unicost Luca Palamara, in cui riportava all’ex presidente dell’Anm notizie dell’indagine a suo carico a Perugia, continua a perseguitare il procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio: i pochi minuti di conversazione in auto sotto casa, intercettati con il trojan inoculato nell’iphone di Palamara, sono stati sufficienti per annichilire la carriera di uno stimato magistrato, costringendolo, mercoledì, a fare domanda per essere collocato a riposo con un anno di anticipo, e ieri ad apprendere a mezzo stampa di essere indagato per rivelazione del segreto dai colleghi di Perugia.
È la stessa contestazione che era stata rivolta a Luigi Spina, l’ex consigliere del Csm che per primo riferì a Palamara particolari sul fascicolo umbro che gli toglieva il sonno ed era d’ostacolo alla sua nomina ad aggiunto alla Procura di Roma. L’indagine aperta a Perugia mette ora in discussione i futuri passi di Fuzio, che aveva previsto come ultimo giorno di servizio il 20 novembre. Dopo l’elezione, cioè, dei due togati del ruolo requirente che devono subentrare ai dimissionari Spina e Antonio Lepre. Ora non è da escludere che venga anticipato il pensionamento, vista la circostanza, senza precedenti, che vede il titolare dell’azione disciplinare tr ovarsi nello status di indagato.
Sul sostituto i giochi sembrano già fatti. Travolti dallo stillicidio di telefonate, Unicost e Magistratura indipendente difficilmente riusciranno a far converge i voti su un loro candidato. Nel caso di Mi la difficoltà è doppia avendo già espresso Giovanni Mammone, presidente della Cassazione. Al momento, dunque, l’unica toga che possa aspirare a prenderne il posto è Giovanni Salvi, procuratore generale presso la Corte d’appello di Roma. Storico magistrato progressista, fratello di Cesare, ministro del Lavoro nel governo D’Alema con i Ds, Salvi mancò per un soffio l’elezione a pg della Cassazione alla fine del 2017, quando venne eletto Fuzio e il Csm si spaccò.
Fuzio, esponente di spicco di Unicost, aveva ricevuto nella commissione per gli incarichi direttivi quattro voti su sei. Per lui i togati Luca Palamara, Luca Forteleoni ( Magistratura indipendente), Aldo Morgigni ( Autonomia & Indipendenza) e il laico di Forza Italia Pierantonio Zanettin. Per Salvi il togato di Area, il suo gruppo, Antonello Ardituro. Il laico Renato Balduzzi ( Scelta civica) si era astenuto. In plenum terminò 16 a 9: per Fuzio le preferenze dei togati di Unicost, Mi e A& I, dei laici Alessio Zaccaria ( M5s), Giuseppe Fanfani ( Pd), Elisabetta Casellati ( Fi) e Zanettin, oltre a quelle dei vertici uscenti della Cassazione; per Salvi i voti dei togati di Area, sette, e quelli dei laici Balduzzi e Paola Balducci ( Sel).