Mentre, con tutte le accortezze necessarie per proteggersi dal
Covid, i colloqui in carcere sono stati ripristinati, i bambini dei detenuti al
41 bis sono ancora obbligati ad effettuarli dietro un vetro divisore. Sono passati oramai due anni da questa restrizione diventata necessaria nel periodo emergenziale, ma sta creando in diversi bambini delle problematiche psicologiche dovute dall’assenza dei contatti fisici con i propri padri reclusi in regime duro.
Nel 2009 una circolare del Dap aveva disposto l'abolizione del divisorio
Ricordiamo che in seguito alla legge del 2009 che ha inasprito il 41 bis, la circolare del
Dap aveva disposto che «i colloqui del detenuto in regime di 41 bis che si svolgano esclusivamente con figli minori di anni 12 potranno avvenire senza vetro divisorio». Quindi, i minori di 12 anni possono effettuare i colloqui con i propri padri al 41 bis, potendosi abbracciare. Ciò è di fondamentale importanza per tutelare l’esigenza di affettività dei bambini nei confronti del genitore detenuto e per evitare che riportassero conseguenze psicologiche negative dovute al prolungato distacco dalla figura genitoriale. Ma, com’è detto, questa possibilità è stata sospesa a causa della pandemia. Però sono arrivati i vaccini, il mondo libero ha riacquistato la libertà di movimento con tutte le accortezze necessarie. Anche in carcere sono state allentate le restrizioni e ripristinati i colloqui con le dovute precauzioni. Ma al 41 bis tutto è rimasto ancora in sospeso.
I detenuti disposti a loro spese a far effettuare i tamponi ai figli
C’è l’avvocata
Maria Teresa Pintus del foro di Sassari che segue diversi detenuti al 41 bis e denuncia questa problematica. «I miei assistiti – spiega l’avvocata Pintus - hanno comunicato di essere disponibili a sottoporre a tampone a pagamento a proprie spese per i figli; disponibilità ad effettuare la quarantena dopo il colloquio con i propri figli, ma gli viene impedito lo stesso nonostante i detenuti negli altri regimi possono fare i colloqui!». Recentemente, per un detenuto al 41 bis del carcere
Bancali di Sassari, l’avvocata Pintus ha fatto istanza alla magistratura di sorveglianza. Ebbene è arrivato il rigetto, con queste motivazioni: «Occorre considerare che la pandemia è tuttora presente nel territorio nazionale, che di recente si sono affermate nuove varianti del virus, rispetto alle quali i vaccini in uso non sempre mantengono piena efficacia». Quindi per l’ufficio di sorveglianza è giusto mantenere il vetro divisorio tra il detenuto al 41 bis e i bambini minori di 12 anni. A pensare che il detenuto in questione, a breve, non potrà più riabbracciare la figlia visto che compirà 12 anni e quindi, per la dura legge del 41 bis, presto sarà “maggiorenne”.
Gli avvocati chiedono il ripristino dei colloqui senza vetro
Un problema denunciato anche dagli avvocati
Sara Peresson del Foro di Udine ed
Eugenio Rogliani del Foro di Milano. Recentemente hanno inviato una lettera a diverse autorità istituzionali, a partire dal ministero della Giustizia, per chiedere il ripristino dei colloqui senza vetro divisore per i detenuti al 41 bis del carcere di Opera. Gli avvocati hanno sottolineato che con la nota del 22 giugno scorso avente per oggetto “Monitoraggio dei casi di Covid-19 e misure da adottare anche in tema di colloqui”, il Dap ha dettato le linee guida per il graduale ripristino delle ordinarie condizioni del trattamento penitenziario. In particolare, con riguardo all’ipotesi in di cui il detenuto ed il visitatore siano vaccinati o comunque quest’ultimo disponga di altri titoli idonei per accedere alla certificazione verde, il Comitato Tecnico Scientifico si è detto favorevole ad aumentare il numero dei colloqui e a consentire il contatto ravvicinato tra detenuti e visitatori, anche senza mezzi divisori, purché siano indossati i dispositivi di protezione individuale. Gli avvocati Peresson e Rogliani sottolineano che queste disposizioni sono state recepite per i detenuti “ordinari”, ma denunciano il fatto che per i 41 bis nulla è cambiato. Di fatto, si tratta di una discriminazione, senza tener conto del diritto all’affettività dei bambini. In sostanza, stanno pagando una colpa non loro.