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A pochi giorni dal varo del ddl penale in Consiglio dei ministri, col suo seguito di scintille fra Renzi e gli alleati, il guardasigilli Alfonso Bonafede annuncia la riapertura del tavolo tecnico di confronto con avvocati e magistrati. È così recepita la sollecitazione espressa più volte, negli ultimi giorni, dal presidente del Consiglio nazionale forense Andrea Mascherin.
Ora si tratta di capire se le tensioni sapranno lasciare spazio al diritto. Perché se l’ordalia quotidiana sulla prescrizione cedesse un po’ la scena al confronto fra avvocati e magistrati potrebbe forse venirne, per la giustizia, qualche beneficio in più che da una crisi di governo.
Fatto sta che con un atto di fiducia nel dialogo il guardasigilli Alfonso Bonafede annuncia, con un post pubblicato su facebook nel pomeriggio di ieri, che «la prossima settimana» convocherà «nuovamente il tavolo con Anm, Cnf, Ocf, Aiga, Unione Camere penali che nel 2019 si era riunito numerose volte». Si tratta della consultazione sollecitata, nei giorni scorsi, dal presidente del Cnf Andrea Mascherin.
Da ultimo venerdì, quando il vertice dell’istituzione forense aveva ribadito l’urgenza di un chiarimento fra tecnici del diritto dopo l’equivoco nato da una dichiarazione del deputato Federico Conte, autore del “lodo” sulla prescrizione. Bonafede sceglie dunque di navigare nel mare aperto del dialogo con i protagonisti della giurisdizione. Una sfida non semplice, considerata la netta censura espressa su diversi punti, a volte sovrapponibili, da rappresentanze dell’avvocatura e magistrati.
Nel primo caso, è lo stesso Mascherin, che definisce «positiva» la decisione del ministro, a osservare che «a volte, le esigenze della politica non si sposano perfettamente con quelle dei giuristi addetti ai lavori». E in un durissimo comunicato diffuso sempre ieri l’Unione Camere penali estende il giudizio negativo dalla prescrizione ad altre misure del testo varato a Palazzo Chigi, che produrrebbero «l’erosione delle garanzie del giusto processo».
Nelle stesse ore, dalla magistratura, e in particolare da alcune correnti, arrivano contestazioni altrettanto pesanti sulla velocizzazione dei processi affidata alle sanzioni per giudici e pm “tardivi”. Il campo da gioco si annuncia insidiosissimo. Eppure il ministro della Giustizia spiega che, da una parte, «dopo aver approvato in Consiglio dei ministri la riforma del processo penale, adesso è il momento di avviare il confronto con le forze parlamentari» e che, dall’altra, ne approfitterà «per intensificare il confronto anche con gli addetti ai lavori». La prossima settimana, appunto convocherà «nuovamente il tavolo» con rappresentanze forensi e Associazione magistrati.
Il guardasigilli si dice «perfettamente consapevole delle divergenze su alcuni aspetti del progetto riformatore», ma anche «convinto che ci siano importanti margini di condivisione su tanti aspetti fondamentali della riforma». E sembra riferirsi indirettamente alle critiche arrivate, sulla prescrizione, persino dalle toghe di Magistratura indipendente, quando rivendica i «nuovi investimenti». In particolare «in appello, dove la prescrizione oggi riguarda un processo su quattro definiti, si prevedono, ad esempio, 500 giudici ausiliari già dal primo gennaio 2021».
Mascherin definisce dunque «positiva» l’iniziativa del guardasigilli e spiega che «bisogna continuare a lavorare con impegno e tecnicità per giungere a soluzioni il più possibile condivise tra gli addetti ai lavori e tra loro e la politica». Ma visto che giuristi e forze politiche seguono logiche diverse, il Cnf, prosegue il vertice dell’istituzione forense, «continuerà nell’impegno di giungere a un risultato ottimale, con il linguaggio del diritto e nel rispetto di ogni sforzo di mediazione sin qui compiuto».
Si tratterà adesso di verificare se le valutazioni del tavolo che Bonafede convocherà a breve potranno incidere sull’esame parlamentare della riforma. Quanto sarà difficile già ottenere delle proposte di sintesi dal confronto fra tecnici emerge dalla nota con cui l’Ucpi accompagna un più ampio documento di analisi del testo Bonafede. Secondo la giunta presieduta da Gian Domenico Caiazza, il progetto è «privo di coerenza interna, animato da criteri di astratto efficientismo, teso ad abbreviare i tempi per giungere a una pronuncia di primo grado attraverso l’erosione delle garanzie del giusto processo».
In particolare, scrivono i penalisti, il ddl ripudia «gli approdi cui erano giunte le rappresentanze di avvocatura e magistratura nell’ambito degli incontri al primo tavolo ministeriale in materia di riti alternativi e prevede, per la prima volta, punti di delega sostanzialmente finalizzati alla sterilizzazione del processo di appello».
Oltre alla «odiosa quanto farraginosa» soluzione trovata sulla prescrizione con il lodo Conte bis, l’Unione Camere penale contesta una complessiva marginalizzione «dell’accertamento probatorio dibattimentale», tanto da conculcare «le garanzie della difesa e le regole del contraddittorio». La riforma «scommette definitivamente sull’imputato colpevole, identificato con la preda che non può sfuggire al castigo piuttosto che con la persona sottoposta ad un accertamento». Giudizi severissimi, che a maggior ragione richiederanno ora un confronto vero al tavolo riaperto da Bonafede.