PHOTO
L’Italia rischia di essere condannata dalla Corte europea per i diritti dell’uomo per aver rimpatriato collettivamente dei cittadini sudanesi. Sono stati dichiarati tutti ammissibili i ricorsi presentati dai cittadini sudanesi contro il governo italiano per il respingimento collettivo che, il 24 agosto 2016, ha dato esecuzione all’accordo tra il capo della Polizia italiana Franco Gabrielli ed il suo omologo sudanese. La Corte ha comunicato formalmente i ricorsi al governo italiano e ha posto dei precisi quesiti volti a conoscere le modalità dell’espulsione e se siano stati rispettati i diritti e le garanzie previste dalla Convenzione europea. I ricorsi sono stati tutti depositati dagli avvocati dell’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione ( Asgi). Secondo gli avvocati, i cittadini sudanesi furono oggetto di una vera e propria “retata” a Ventimiglia, alcuni furono trasportati in condizioni disumane e poi rinchiusi illegittimamente nell’hotspot di Taranto. Quindi vi fu il tentativo di rimpatriarli tutti. Alcuni furono effettivamente riportati in Sudan e cinque di loro incontrarono rappresentanti di Asgi ed Arciche, tra il 19 ed il 22 dicembre 2016, si recarono a Khartoum al supporto di una delegazione di parlamentari europei del gruppo della Sinistra europea. Tutti coloro che non furono rimpatriati hanno ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale in Italia, in quanto soggetti a persecuzioni e discriminazioni nel Paese da cui provenivano. I ricorsi presentati dall’Asgi hanno denunciato la violazione di diverse norme della Convenzione europea e della Convenzione di Ginevra. Il governo italiano, entro il 30 marzo 2018, dovrà quindi fornire una risposta al proprio operato dinanzi alla Cedu. L’Asgi denuncia che negli ultimi mesi la collaborazione con il Governo di Al Bashir per l’espulsione di cittadini sudanesi si è rafforzata anche con altri paesi europei. A fine dicembre sono state ufficialmente richieste le dimissioni del Segretario di Stato per l’asilo e la migrazione belga dopo la diffusione di informazioni relative a torture subite da cittadini sudanesi espulsi da Bruxelles. Il memorandum d’intesa con il Sudan è solo uno dei numerosi accordi siglati dall’Italia per semplificare la riammissione di cittadini di paesi terzi ritenuti “irregolari”. L’accordo con il Sudan è stato particolarmente discusso e contestato trattandosi di una delle peggiori dittature al mondo. Sul presidente Omar al- Bashir pende un mandato di catturaemesso dalla Corte penale internazionale per genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra nel contesto del conflitto in Darfur – che ha causato circa 400mila vittime e oltre 2 milioni di sfollati. L’esistenza del memorandum d’intesa fu svelata solo a fine agograzie sto 2016, proprio quando venne denunciato il rimpatrio collettivo dei sudanesi. L’allora Ministro dell’Interno Angelino Alfano rivendicava così la legittimità dell’operazione: «Violazione dei diritti umani? No, pieno rispetto di un accordo tra la polizia italiana e quella del Sudan». Peccato che quell’accordo, mai passato all’attenzione del Parlamento e reso pubblico solo nell’ottobre del 2016, sia in violazione del diritto italiano e internazionale. Trattasi infatti, secondo la denuncia delle organizzazioni del Tavolo Nazionale Asilo di un atto “totalmente illegittimo”: «l’accordo di polizia tra il governo italiano e quello sudanese si pone in contrasto con principi di diritto interno e internazionale, tra cui in primis il divieto di refoulement ovvero di rimpatrio a rischio di persecuzione. L’Italia ha l’obbligo di non trasferire persone verso paesi dove corrono un rischio concreto di gravi violazioni dei loro diritti umani». L’azione giudiziaria costituisce una tra le iniziative intraprese da Asgi ed Arci per contrastare i processi di esternalizzazione delle frontiere e del diritto di asilo attuati dal Governo italiano – che nel corso dell’ultimo anno si sono concretizzati anche nei nuovi accordi con la Libia e più recentemente col Niger, dove l’Italia invierà militari e armamenti.