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Angelo Burzi
«Nella legge di bilancio dello scorso anno fu approvata la mia proposta di rimborso delle spese legali agli assolti. Stanziati 8 mln di euro per il 2021. Il Governo (Giustizia e Mef) ha impiegato 1 anno (anziché 2 mesi) a fare decreto attuativo. E gli 8 mln stanno andando in fumo»: è l'allarme lanciato dall'onorevole Enrico Costa, responsabile giustizia di Azione, dal suo account twitter. Proprio un mese fa vi avevamo raccontato che la ministra Marta Cartabia aveva dato il via libera al decreto attuativo attraverso il quale si adottano i criteri e le modalità di erogazione dei rimborsi delle spese legali per gli assolti e che mancava solo l'avallo del ministro dell'Economia Daniele Franco. Questo ulteriore passo è stato compiuto ma poi si sono perse le tracce del decreto attuativo. Sarebbe stato inviato alla Corte dei conti per la sua registrazione, ma di sicuro e concreto non c'è nulla. «Due giorni fa ho presentato in commissione giustizia un emendamento che prevedeva lo stanziamento di 16 milioni per il 2022», ci racconta Costa. Il Governo, con la sottosegretaria Anna Macina, ha espresso parere contrario e, come leggiamo dal resoconto di seduta, ha dichiarato «di non essere in grado di dare indicazioni puntuali sull’iter del decreto interministeriale, che ritiene in fase di completamento, essendo stato trasmesso alla Corte dei conti per la sua registrazione» e che «per quanto è nella sua conoscenza vi è l’impegno e l’interesse del Governo ad intervenire in tale materia, evidenziando come non vi siano ragioni per non esprimere un convinto parere favorevole su un eventuale ordine del giorno» che Costa dovrebbe presentare domani e dopo domani. Un subemendamento simile era stato bocciato anche al Senato. «Ho apprezzato l'onestà della Macina ma sono preoccupato per questo posizioni del ministero della Giustizia - conclude Costa -. Non possiamo essere ostaggi dei funzionari e dei rimpalli di responsabilità degli uffici. Il Parlamento ha approvato questa norma e il Governo, in quanto Esecutivo, non può permettersi di porre un freno ad un principio di civiltà approvato dal potere legislativo».