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Mattarella
In un paese in perenne ritardo su tutto - in ultimo i pasticci sull’assenza di un piano vaccini - sono però puntualissime e funzionali le polemiche forcaiole e giustizialiste. E in un paese che non funziona è “utile” aprire un dibattito pretestuoso sui vaccini ai carcerati: serve a catalizzare gli istinti beceri, a distrarre dalle incapacità e dalle incompetenze.
Qualche giorno fa, in un memorabile pezzo su Il Foglio, il Prof. Giovanni Fiandaca metteva in fila tutte le questioni. La condizione carceraria italiana è una vergogna del nostro paese.
L’utilizzo esclusivo della detenzione senza nessun’idea di custodia della persona e del suo reinserimento non cura mali sociali e criminalità ma li esalta. Le carceri italiane sono il frustino che il paese agita per esorcizzare le proprie responsabilità.
Ma la demagogia punitiva non ha alcuna efficacia. Dati del 2018: il 68% dei detenuti in carcere torna a delinquere, mentre il tasso di recidiva di chi può giovare di misure alternative al carcere crolla al 19%.
Gli sfottò contro i parlamentari che si sono recati in visita nelle carceri sono la schiuma di una cultura politica retrograda. E c’è ancora più da fare quando si sente un Ministro della Giustizia dire: «Gli innocenti non finiscono in galera».
Dovrebbe sapere che l’imputato solo al termine del processo viene giudicato «assolto». E si può parlare di “ingiusta detenzione” e si parla di “errore giudiziario” dopo 3 gradi di giudizio che spesso arrivano in tempi biblici, aggravati dopo l’abolizione della prescrizione di cui l’attuale Governo è responsabile, come lo è dell’assenza di una vera riforma sulla giustizia civile.
Dal 1992 ( anno da cui parte la contabilità ufficiale delle riparazioni per ingiusta detenzione presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze) al 30 settembre 2018, si sono registrati oltre 27.200 casi di ingiusta detenzione. In media 1.007 innocenti finiti in custodia cautelare ogni anno.
Insomma, mille persone ogni anno varcano la soglia del carcere, per poi essere assolte.
La condizione carceraria è un’emergenza e un paese che ha bisogno di patiboli e che non sa rieducare non ha speranza. Va ringraziato chi lavora, anche da volontario, nelle nostre carceri e Bonafede, Salvini e Meloni dovrebbero andare a parlare con Ristretti Orizzonti a Padova e sforzarsi di ascoltare e capire, magari evitando i citofoni.
A Marzo 2020, proprio a inizio epidemia Papa Francesco aveva pregato di tutelare le persone vulnerabili anche perché costrette a vivere in luoghi sovraffollati. Aveva “osato” accostare gli anziani nelle Rsa con i carcerati, quasi un reato in un paese con la bava alla bocca e che vive di parallelismi utili solo a tenere basso il livello della politica. Come quando vengono accostati i terremotati nelle tende e gli immigrati col wifi; i carcerati vaccinati con i cittadini onesti senza lavoro.
( Questi giorni si scopre peraltro che i soldi per “i terremotati” ci sono da anni ma non si spendono per il combinato disposto di politici inadeguati e burocrati esperti in slalom di irresponsabilità e terrorizzati dall’ “abuso di potere” e dal “danno erariale”).
Per chi, dopo 2000 anni, ha ancora bisogno dei distinguo nella custodia della vita è uno scempio, lo stesso per cui produce bile contro i carcerati e non muove un dito per anziani e disabili. Ma l’indignato forcaiolo si sente di promuovere giustizia con semplicità e tra qualche bestemmia lo sentiamo gridare: “se fosse per me”. Ma auguro a tutti voi di non dover mai andare a trovare una persona a cui volete bene reclusa in prigione.
Ha ragione Fiandaca, questo è un gruppo dirigente che non ha nessuna conoscenza di diritto e dunque, aggiungo io, è pericoloso per il paese. “Gettare le chiavi”, “a pane e acqua”, sono gli slogan primitivi di uso comune di cittadini e politici la cui rettitudine non è poi così specchiata. E per questo i loro tabloid forcaioli li usano solo contro i “nemici”. La recente magistropoli di cui solo il Riformista e il Dubbio hanno parlato è inquietante.
L’autoreferenzialità è la parabola degenerata della separazione dei poteri dello Stato.
C’è troppo giornalismo che non fa domande, che distrugge le persone senza appello. Le rivelazioni delle indagini in corso danneggia gravemente la ricerca della verità. Il processo a Ottaviano del Turco è un esempio di scuola ( tra i tanti) in cui dopo non aver trovato prove, ci si è occupati di distruggerlo nella vita privata.
L’uso dei trojan e delle intercettazioni, legittimato dal Governo, è diventato disponibile e alla mercè di poteri di ogni tipo. Non è un caso che la discussione sui “Servizi” di intelligence del paese siano un terreno di scontro in cui è sempre più chiaro che anche nel Governo è assente una cultura istituzionale che li consideri davvero al servizio della nostra Repubblica. E di nessun altro.
Le riforme si fanno ascoltando ma mai subendo i veti delle corporazioni né tanto meno gli interessi di casta mascherati da interessi generali. La nostra giustizia ingiusta uccide la nostra economia e lo stato di diritto. Serve più coraggio. Ed è per tutti questi motivi che voglio augurare alla nuova avventura di questo giornale di non smettere mai di pungolare il “dubbio” dei vincitori, dei demagoghi, di chi ha dimenticato cosa ci lega gli uni agli altri e di chi è ben lontano da recuperare la compassione.
* Coordinatore nazionale di Base Italia