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L’ACCUSA DEI 101 DOPO IL CONGRESSO: «NESSUN RIMEDIO ALLE DEGENERAZIONI»
La magistratura in questi giorni è stata in un religioso silenzio nell’attesa del nuovo ministro della Giustizia. Nessuno ha osato esprimere apertamente possibili preferenze. Ciononostante sotto diverse forme sta lanciando chiari messaggi al nuovo Guardasigilli e al nuovo Parlamento. Prendiamo ad esempio la nota della Giunta dell’Anm di qualche giorno fa in merito alla riforma del processo penale che entrerà in vigore il prossimo 1° novembre: «Il forte auspicio – vi si legge - è che si intervenga con un provvedimento di urgenza, per colmare le lacune di regolazione transitoria della riforma appena varata». La questione appare seria e c’è esigenza di mettere ordine nel caos: «In assenza di una disciplina transitoria – denunciano le toghe - non sarà per nulla agevole, e certamente sarà causa di incertezze applicative stabilire se le modifiche si dovranno applicare anche ai procedimenti da tempo pendenti e quindi ai procedimenti iscritti secondo un ben diverso regime normativo».
A quali modifiche si riferiscono? Soprattutto a quelle relative alle indagini preliminari e al controllo sull’operato del pubblico ministero. L’aspetto che più degli altri viene mal digerito, e che è anche una vecchia battaglia dell’Unione Camere Penali, è il seguente: «L'accertamento della tempestività dell’iscrizione della notizia di reato nell’apposito registro con possibilità di attivazione di un subprocedimento, anche in fase successiva alle indagini, che si potrà concludere con la retrodatazione della iscrizione e quindi con la dichiarazione di inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti al di fuori del termine finale sì come nuovamente individuato». Inoltre, critica l’Anm, «è stata significativamente ridotta la possibilità di prorogare il termine delle indagini preliminari, perché la proroga potrà essere richiesta una sola volta» e «sono stati modificati i termini di durata delle indagini preliminari, che ora saranno ordinariamente, per la gran parte dei procedimenti per delitti, di un anno e non più di sei mesi». In pratica il legislativo di Via Arenula sarà subito chiamato al lavoro dalla prossima settimana per mettere una pezza.
Oltre a questo, in conclusione del suo 35esimo congresso, l’Anm ha approvato domenica scorsa una mozione generale che dice due cose. Innanzitutto «serve assicurare – chiede il “sindacato delle toghe” adeguate risorse, umane e materiali, per rendere veramente sostenibile il carico di lavoro sempre più pressante affidato ai singoli magistrati, rischiando altrimenti di essere pregiudicata proprio la qualità della risposta giudiziaria». Insomma fate in modo che sul piano dell’efficientismo non vengano sacrificate correttezza delle decisioni ma anche garanzie processuali. A proposito di questo, lo scorso 18 ottobre la Guardasigilli uscente Marta Cartabia ha firmato un decreto ministeriale che indice un nuovo concorso da 400 posti per magistrato ordinario. In secondo luogo l’Anm «rivendica con orgoglio i valori della propria storia a presidio dell’autonomia e indipendenza della magistratura».
Se è vero che «sono valori che, oggi più che mai, si debbono declinare in termini di responsabilità e impegno etico nei confronti della società civile», dall’altro lato quella rivendicazione potrebbe voler dire alla politica di non mettere in campo riforme invise come la separazione delle carriere. A distanza di qualche giorno dal congresso, tuttavia, non è mancata la critica amara da parte dei componenti eletti al Cdc nella lista Articolo 101, che si sono concentrati sulla presunta catarsi etica della magistratura dopo i vari scandali: «La cortina di ferro calata sui procedimenti disciplinari endoassociativi senza tenere conto dell’interesse dei colleghi e, in generale, dell’opinione pubblica, ad essere informati al riguardo, del resto, la dice lunga sulla volontà di effettivo cambiamento». Poi la bocciatura del discorso del vertice dell’Anm: «A rendere poco credibili le parole del presidente Santalucia, secondo le quali l’Anm “non è rimasta inerte” e i magistrati stanno “facendo i conti con gli errori del passato”, sta il fatto che l’associazione non ha suggerito alcun concreto rimedio capace di evitare il ripetersi dei fenomeni degenerativi del correntismo e del carrierismo» .