PHOTO
La Regione Lazio, inoltre, assicura nelle strutture presenti sul territorio regionale, livelli di assistenza terapeutica, ambulatoriale, semi- residenziale, residenziale, ospedaliera diversificati e proporzionati ai diversi livelli di sicurezza al fine di garantire, con il solo intervento sanitario, adeguato ricovero anche ai soggetti di difficile gestione. L’emanazione e l’esecuzione dei provvedimenti di presa in carico, che devono essere eseguiti nel territorio della Regione Lazio, saranno precedute e accompagnate da progetti terapeutici individuali. I dipartimenti di salute mentale dell’Asl, con il perito/ consulente e con il magistrato, concorreranno all’individuazione del trattamento terapeutico più appropriato. In prossimità della scadenza della misura di sicurezza, il magistrato di sorveglianza potrà autorizzare un periodo di licenza finale di esperimento della durata di sei mesi - eventualmente rinnovabile - durante il quale il paziente, sottoposto al regime della libertà vigilata, potrà essere inserito in una struttura terapeutica residenziale o presso la famiglia al fine di proseguire la fase di riabilitazione e reinserimento nel territorio con opportuno Progetto terapeutico individualizzato. L’accordo prevede, infine, anche che periodicamente venga convocato il Tavolo Sanità- Magistratura istituito presso la Direzione Salute e Politiche Sociali della Regione Lazio, per monitorare l’applicazione del protocollo d’intesa.
«È un passo importante per ridurre l’abuso di misure di sicurezza e facilitare le funzioni sanitarie delle Rems», dichiara il garante regionale dei detenuti Stefano Anastasia. «Le Rems - sottolinea il garante - sono ormai una importante realtà del nostro sistema di esecuzione penale. Nella Regione Lazio ne sono attive cinque che in due anni hanno ospitato 170 persone che altrimenti sarebbero state destinate a perdersi nell’inferno degli ospedali psichiatrici giudiziari». Sempre Anastasia spiega però che, purtroppo, l’intero circuito delle Rems è in sofferenza per un uso eccessivo che si fa dell’internamento, in modo particolare in via cautelare, prima ancora che sia acclarata la incapacità d’intendere e di volere dei presunti autori di reato. Proprio su queste stesse pagine de Il Dubbio, Stefano Anastasia aveva infatti denunciato la presenza illegittima di reclusi in carcere, in attesa di essere ricoverati nelle rems. Casi che poi sono sfociati in tragedia. Come la storia di Valerio Guerrieri, un ragazzo di 22 anni che si era ammazzato durante la permanenza al carcere di Regina Coeli. Da dieci giorni aveva un provvedimento di misura di sicurezza e non doveva stare in carcere.