La rivolta avvenuta giovedì notte nella ottava sezione del carcere di Regina Coeli non è stata un'azione inaspettata. Con 1.170 detenuti a fronte di 626 posti disponibili e un surplus del 184%, il carcere romano è uno dei penitenziari più sovraffollati del Paese.

Ma non è solo questo il problema. Parliamo di una struttura antica, incompatibile con la detenzione moderna. Non a caso, anche recentemente, si è tornati a parlare della sua chiusura. Ma per ora, sono solo parole. La Casa Circondariale di Regina Coeli, situata nel cuore di Roma in via della Lungara, è uno degli istituti penitenziari più antichi d'Italia. È composta da diversi padiglioni distribuiti in una struttura complessa che, nonostante le difficoltà, continua a svolgere il suo ruolo di detenzione preventiva e custodia cautelare.

Il carcere romano, un inferno nel cuore della capitale

Regina Coeli ospita principalmente detenuti in attesa di giudizio e coloro che devono scontare pene brevi. La struttura del carcere, posta in pieno centro storico, crea numerose problematiche logistiche e funzionali. Data la sua collocazione, ci sono gravi difficoltà nell'ampliamento e nella ristrutturazione delle aree interne. Questo aspetto si combina con una situazione di sovraffollamento e carenza di risorse, rendendo la gestione dell'istituto particolarmente complessa.

Nel corso degli anni, Regina Coeli è stata oggetto di numerose critiche per le condizioni di detenzione, soprattutto a causa del sovraffollamento e delle strutture obsolete. La capienza regolamentare dell'istituto è di circa 630 detenuti, ma spesso il numero effettivo di persone recluse supera questa soglia, aggravando le condizioni di vita all'interno. Le celle sono spesso sovraffollate, con spazi insufficienti per i detenuti, che devono condividere ambienti molto ristretti. Questo porta a un aumento delle tensioni tra i detenuti stessi e complica il lavoro del personale di custodia.

Le condizioni igieniche sono altrettanto precarie, con bagni mal funzionanti e insufficienti per il numero di persone presenti. Come si può apprendere dalla scheda riportata sul sito dell'associazione Antigone, un altro problema critico di Regina Coeli riguarda l'assistenza sanitaria. La presenza di un centro medico interno non basta a soddisfare le esigenze dei detenuti, che spesso soffrono di patologie croniche o malattie mentali.

Il numero di medici e infermieri è insufficiente rispetto alla popolazione carceraria, e le attese per le visite mediche possono essere molto lunghe. Molti detenuti segnalano difficoltà nell'accesso alle cure specialistiche e nella gestione delle emergenze mediche. La scarsità di personale sanitario comporta inoltre un ritardo nella diagnosi e nel trattamento di malattie che potrebbero aggravarsi con il tempo.

Nonostante le difficoltà, all'interno di Regina Coeli si svolgono alcune attività di rieducazione e formazione. Sono presenti corsi scolastici e professionali che offrono ai detenuti l'opportunità di acquisire competenze utili per il reinserimento nella società una volta scontata la pena. Tuttavia, il numero di partecipanti è limitato, e non tutti i detenuti riescono a beneficiare di questi programmi a causa della mancanza di risorse e di personale qualificato. Le attività ricreative sono altrettanto scarse, con pochi spazi destinati allo sport o al tempo libero. Questo incide negativamente sul benessere psicologico dei detenuti, che passano la maggior parte del tempo chiusi in cella, spesso senza accesso ad attività che possano alleviare lo stress e le tensioni quotidiane.

La notte dell’incendio

«I medici hanno visitato tutte le celle e mi hanno parlato di una sezione devastata, c'era molta acqua, molto fumo», ha riferito il Garante dei detenuti di Roma Capitale, Valentina Calderone, che nella notte ha fatto un sopralluogo. Secondo la testimonianza della garante, lo scenario che si è presentato era di assoluta emergenza. Calderoni ha descritto una scena di devastazione: «Fuoco, fumo, tetto sfondato e tegole lanciate sulla strada». La presenza massiccia delle forze dell'ordine, equipaggiate con «scudi, manganelli, caschi», ha sottolineato la gravità della situazione.

Nonostante il suo ruolo, alla Garante è stato negato l'accesso alle sezioni del carcere. «Stasera non mi hanno fatta entrare nelle sezioni di Regina Coeli, nonostante la mia insistenza sono dovuta rimanere fuori dalla prima rotonda», ha riferito la Calderoni. La Garante ha riportato informazioni frammentarie raccolte sul posto. L'VIII sezione del carcere è stata descritta come «devastata», con acqua che scorreva «come cascata dai ballatoi» e celle con «blindati rotti».

La situazione era talmente critica che il personale temeva di non poter richiudere le celle una volta aperte per i controlli. Calderone ha anche evidenziato la presenza di «pezzi di ferro, cocci, materiale bruciato sparso per terra», sottolineando i rischi per la sicurezza di tutti i presenti. Il racconto si conclude con un'immagine potente: la Garante seduta su uno scalino, osservando il via vai di «agenti in antisommossa che uscivano, infermieri in camice verde che entravano», mentre rimaneva ad «immaginare gli uomini rinchiusi lì dentro».