In vista della riunione del Comitato direttivo centrale dall’Anm, fissata per domani a Roma, Magistratura Indipendente mette le mani avanti. E lo fa con un comunicato di fuoco.All’ordine del giorno è in discussione la posizione dell’Associazione nazionale magistrati sul referendum costituzionale di ottobre. Com’è noto, Area, la corrente che rappresenta l’anima progressista della magistratura, ha da tempo espresso la sua contrarietà alla riforma costituzionale, manifestando l’intenzione di aderire ai Comitati per il no. MI, invece, ha fatto la scelta di restare neutrale non schierandosi nel dibattito referendario. Per evitare, però, che la posizione di Area diventi la posizione di tutte le toghe italiane, il gruppo della “destra” giudiziaria ha deciso di esprimere «l’assoluta contrarietà a prese di posizione dell’Anm sul referendum, che, peraltro, non rientra nel programma della Giunta unitaria da poco formata». Ogni scelta su questo tema è vista da MI come «inopportuna», con il rischio «di mettere in discussione il ruolo del magistrato e l’imparzialità della funzione giudiziaria». A maggior ragione perché il referendum costituzionale si è trasformato in un voto su Matteo Renzi. «Il significato politico-governativo, impropriamente assunto dalla consultazione di ottobre, creerebbe confusione nell’opinione pubblica, facendo ritenere che la debita discrezionalità giudiziaria, sulla quale i cittadini devono poter fare affidamento, sia contaminata da una qualche declinazione politica».La risposta “sdrammatizzante” di Area non si è fatta attendere. «L’impegno dell’Anm nella campagna referendaria», fanno notare dai vertici del gruppo “di sinistra”, «è quasi certamente da escludere, proprio perché ci sono ampie divergenze interne sul tema». Domani dal Cdc dell’Anm verranno comunque sancite delle «regole di cautela». Non ci saranno divieti formali di adesione ai comitati. Piuttosto l’invito, per i singoli magistrati, a evitare contaminazioni tra la propria legittima attività a favore di un’opzione referendaria e le iniziative assunte direttamente dai partiti politici.È chiaro, comunque, che la spaccatura all’interno dell’Anm su certi temi sia sempre più profonda. E a nulla è servito dar vita a una giunta unitaria che racchiudesse al suo interno tutte le anime della magistratura. Ma la gravità di queste lacerazioni è attenuata dagli affanni di Renzi. Nelle ormai celebri slide sulla riforma della giustizia del 2014 il premier aveva affermato che era necessario porre fine allo «strapotere delle correnti» e che bisognava intervenire sul Csm, partendo dal fatto che «chi giudica non nomina, chi nomina non giudica». Ad oggi nulla di ciò è stato fatto. Anzi, la scorsa settimana Renzi ha dichiarato che la riforma dell’organo di autogoverno non è una priorità.Ultima annotazione riguarda il caso Morosini. Mi torna alla carica chiedendo che «debbano essere oggetto di doverosi accertamenti da parte degli organi competenti», cioè di una procedura disciplinare. Area parla di «polemica strumentale», giacché Morosini ha detto chiaramente al plenum di non sentirsi rappresentato dalle parole attribuitegli dal Foglio». Ma la guerra tra correnti sembra solo alkl’inizio.