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Ermini riforma Csm
«Non dico cosa voto e non dico cosa mi auguro. Penso che temi così importanti abbiano la necessità di un dibattito approfondito, molto tecnico, parlamentare. Dopodiché è ovvio che quando si dà la parola ai cittadini, chiamare i cittadini alla partecipazione, come previsto dalla Costituzione, è sempre un fatto positivo». Lo dice il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, David Ermini, oggi al tribunale di Pescara, riferendosi ai quesiti referendari sulla giustizia che chiamano alle urne gli italiani domenica 12 giugno. Il vice del Csm è intervenuto nel convegno "Le indagini preliminari, le paure di ogni cittadino e la soluzione scritta dall’articolo 358 cpp", incentrato sulla delicata fase delle indagini e degli accertamenti della persona indagata, da parte del magistrato inquirente, disciplinata dall’art. 358 del Codice di procedura penale. «Purtroppo in Italia abbiamo spesso confuso le indagini preliminari già con un’indicazione di colpevolezza. In realtà lo stesso avviso di garanzia dovrebbe essere semplicemente un avviso che dà una garanzia al cittadino sotto indagine affinché possa difendersi. Tutto rientra in questo concetto», ha sottolineato Ermini. Rispondendo ai giornalisti sul titolo del convegno, Ermini ha evidenziato che «non è un problema di paura, è un problema di rispetto delle norme indicate dal codice di procedura penale. In Italia il pubblico ministero, che è un magistrato può chiedere il rinvio a giudizio o chiedere l’archiviazione. Le norme mi pare che siano chiare». «Si tratta - prosegue Ermini - di trovare la mentalità collettiva tutti insieme, tutti gli operatori, sia quelli della giustizia sia dell’informazione. Tante volte anche in politica si usano le indagini a carico dell’avversario come fosse già una colpevolezza. Il nostro sistema è garantista, deve consentire al cittadino di portare elementi a suo discarico e il pubblico ministero li deve giustamente valutare». Per quanto riguarda la riforma Cartabia, secondo Ermini in Italia c’è un «sistema dove il tema della giustizia sembra intoccabile. Anche in un momento in cui la maggioranza di Governo ha l’80% dei voti in Parlamento, il tema della giustizia riesce a essere sempre divisivo. O cogliamo questa occasione per fare qualcosa di positivo, oppure ho paura che la riforma della giustizia sia un alibi per continuare a non perdere le bandierine». «Io credo - evidenzia il magistrato - che le banderine sui temi della giustizia non ci debbano essere, perché toccano tutti, di qualsiasi ceto, di qualsiasi colore, di qualsiasi pensiero. Allora - ha concluso - è giusto che lo Stato dia risposte che siano efficaci ed effettive, anche nel rispetto delle norme europee».